Coronavirus Calabria, la moglie del paziente: «Stiamo bene. Viviamo isolati»

VIDEO | Ai nostri microfoni la moglie del primo caso di Covid-19 nella nostra regione, attualmente in auto-quarantena a Cetraro. La coppia, partita da Castelnuovo Bocca d'Adda, aveva raggiunto la cittadina tirrenica domenica mattina. Il ds Cesareo: «Lasciati soli»

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di Agostino Pantano
1 marzo 2020
07:51

«Viviamo in campagna, non ci viene a trovare nessuno», rispondeva così alla nostra testata la moglie del paziente contagiato a Cetraro. Si tratta del primo caso in Calabria. La conferma è giunta nella serata di ieri dall’Istituto superiore della sanità.

 


La coppia era partita nei giorni scorsi da Castelnuovo Bocca d’Adda, vicino ai comuni lombardi della zona rossa e, dopo una tappa in ospedale, domenica sono arrivati nel centro del tirreno cosentino insieme ad altre persone. Al telefono la signora ci aveva rassicurato sulle condizioni di salute, che non avevano ricevuto visite in casa scegliendo una sorta di autoquarantena volontaria e un po’ costretta: «Siamo da soli in campagna e non stiamo facendo venire nessuno. Se stavamo male rimanevamo lì per farci curare», ribadiva ai nostri microfoni.

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Tuttavia il consorte ha un problema, che non fa dormire sonni tranquilli al personale dell’ospedale di Cetraro, tanto è vero che in una riunione in prefettura il direttore sanitario Vincenzo Cesareo ha chiesto aiuto. «Lui deve fare la dialisi – aveva spiegato il dirigente medico». E, in effetti, per il paziente è stato creato un percorso a parte al fine di non mettere a rischio gli altri dializzati. Inoltre per raggiungere il nosocomio è stata predisposta una ambulanza.

Ma non è solo questo il problema e Cesareo spiega che «c’è stato un difetto di comunicazione perché i colleghi di Casalpusterlengo non dovevano limitarsi a consigliare di non partire, dovevano avvisare le nostre autorità sanitarie della delicatezza del caso».

«Abbiamo previsto un ingresso in sicurezza – conclude il direttore – e destinato una stanza limitando al massimo gli accessi per limitare quanto più possibile l’eventuale rischio. Ma questo non è modo, siamo lasciati soli e non servono le ordinanze e i decreti se non ci danno protocolli precisi e strumenti tempestivi».     

 

Giornalista
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