Coronavirus, Crisanti: «In autunno probabili focolai più grandi e frequenti»

Così l'epidemiologo e direttore del laboratorio di virologia e microbiologia dell'ospedale di Padova. E sulla possibilità di Tso per chi mette a rischio la salute degli altri: «Questione complessa»

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di Redazione
7 luglio 2020
11:05
(foto ansa)
(foto ansa)

I focolai «sono normali. Già ad inizio di aprile avevo detto che l'epidemia sarà costellata da tanti focolai e che bisogna avere la capacità di isolarli e controllarli. A questo punto aggiungo che probabilmente a ottobre, novembre saranno sicuramente più frequenti e di dimensioni maggiori».

Così Andrea Crisanti, epidemiologo e direttore del laboratorio di virologia e microbiologia dell'università-azienda ospedale di Padova, a 'Il Messaggero' in cui spiega che «la differenza tra focolai e seconda ondata si basa tutta sulla nostra capacità di reazione, sulla tempestività con la quale vengono identificati e sulle procedure che verranno applicate».

Reputa «un passo nella direzione giusta», predisporre test e tamponi per i voli in arrivo, ma perché sia efficace serve la giusta «capacità operativa».

Inoltre, secondo Crisanti, bisognava pensarci prima: «Sarebbe stato meglio, ma sono contento perché sono mesi che sto dicendo che va fatta questa misura. Teoricamente saremmo ancora in tempo, diciamo che siamo all'ultimo momento giusto. È difficile dire se i rischi siano maggiori per casi autoctoni o importati, sicuramente il virus circola ancora e a un certo punto si confonde tutto. L'Italia sta in una bolla, il virus ormai sta in tutto il mondo, domenica ci sono stati più di 200mila nuovi casi, siamo in piena pandemia».

«È stato sottovalutato l'impatto dell'importazione di nuovi casi - osserva - la maggior parte dei focolai sono tutti di importazione e sicuramente non è stato forse valutato a pieno quello che sta succedendo negli altri Paesi come Israele o anche la stessa Spagna».

Sulla possibilità di Trattamento sanitario obbligatorio (Tso) per chi mette a rischio la salute degli altri «esiste soltanto per le malattie psichiatriche, e comunque è un caso estremo. È una questione molto complessa. E poi se noi prendiamo una persona per fargli un Tso, dobbiamo dargli una cura che funziona. E al momento non esistono terapie efficaci. Quindi - conclude - non sarebbe più un Tso, ma una detenzione sanitaria. Sicuramente quella persona va messa nelle condizioni di non trasmettere il virus».

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