Coronavirus, un medico calabrese contro i test rapidi: «Inaffidabili, non li usate»

Giuseppe Errico ha condotto uno studio sui test diagnostici del Covid-19. Evidenziata la scarsa utilità del metodo. Che è stato adottato dal Comune di Belvedere Marittimo

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di Francesca  Lagatta
20 aprile 2020
15:49

«Diverse Regioni sono in procinto di far partire campagne di screening con test sierologici (o del sangue, ndr) per la ricerca di anticorpi contro la Sars-CoV-2; così come iniziative di singoli Comuni, forse anche di qualche farmacia e, addirittura, di laboratori privati che pubblicizzano test rapidi per il Coronavirus anche su internet. Tutto questo ha ingenerato un po' di confusione tra la popolazione e a volte anche false speranze, per cui è utile fare un minimo di chiarezza in merito, anche alla luce del fatto che alcuni di questi test hanno ancora delle criticità relative alla loro sensibilità, specificità e affidabilità».

È l'incipit di un documento prodotto da Giuseppe Errico, in servizio al reparto di Medicina dell'ospedale di Cetraro, che spiega nel dettaglio le differenze tra i metodi diagnostici della malattia e sconsiglia vivamente l'uso dei test rapidi del sangue, come ad esempio quelli utilizzati in questi giorni a Belvedere Marittimo.


Il medico, nelle scorse settimane, era balzato agli onori di cronaca perché è stato il primo medico calabrese a essere infettato dal Covid-19. Oggi è completamente guarito e segue con attenzione l'evolversi della pandemia mondiale attraverso lo studio del fenomeno.

La premessa

Prima di addentrarsi nel pieno dello studio, il dottor Errico spiega che «in risposta all’infezione il nostro sistema immunitario, per difendersi, produce anticorpi diretti contro il virus che sono rilevabili nel sangue 7-14 giorni dopo l’infezione (in media 10 giorni); solo nel 20% dei pazienti questi anticorpi compaiono dopo 4 giorni. Gli anticorpi sono immunoglobuline di tipo IgM e di tipo IgG». 

L'importanza di test sierologici e tamponi

Ai fini del contenimento della pandemia, spiega ancora Errico, è fondamentale anche sapere «chi ha contratto il Coronavirus in maniera silente e chi lo ha superato sviluppando gli anticorpi, diventando così immune». Qui viene in aiuto la diagnostica di laboratorio con il tampone naso-faringeo e i test sierologici.

Le differenze

Il tampone naso-faringeo (o test molecolare) al momento, specifica il medico, «è l’unico test validato e raccomandato per l’identificazione sicura delle persone infette». I test sierologici, invece, «consentono una diagnosi indiretta dell’infezione e non servono per fare diagnosi di infezione in atto, ma sono utilissimi per misurare la prevalenza dell’infezione (cioè quanto un virus si è diffuso nella popolazione) e lo stato di immunità raggiunto dai soggetti esaminati».

Affinché tali test abbiano una reale utilità clinica devono dare garanzie di affidabilità, con particolare riguardo alla loro "sensibilità" (proporzione di persone positive correttamente identificate dal test) e "specificità" (proporzione di persone non positive correttamente identificate dal test). Ma se un test è poco sensibile o poco specifico, può facilmente produrre dei falsi negativi.

Test sierologici in laboratorio

I test sierologici ad oggi disponibili sono due: quelli eseguibili in laboratorio su un normale prelievo di sangue e quelli rapidi eseguibili con una sola goccia di sangue prelevata da un dito.
Il primo «
viene poi analizzato in laboratorio e va a ricercare e dosare gli anticorpi di tipo IgM ed IgG. Il risultato si ha nel giro di 1 ora circa e si possono processare, contemporaneamente, numerosi campioni di sieri di pazienti; ma soprattutto ha margini di errore bassissimi, sensibilità e specificità del test sono superiori al 95%Va utilizzato nell’ambito di precisi e rigorosi algoritmi diagnostici, controllati e coordinati dalle autorità sanitarie competenti e va usato in combinazione con il test del tampone».

Secondo Errico, «la combinazione di un test anticorpale molto sensibile come quello descritto, con il test del tampone, potrebbe far ripartire il paese con la progressiva apertura delle attività commerciali e del lavoro».

Test sierologici rapidi

Ormai conosciuto come il "test rapido", si esegue con una sola goccia di sangue, la risposta si ha nel giro di circa 15 minuti e rileva solo la presenza o assenza di anticorpi IgM e Ig. 
«
Il problema – spiega Errico – è che tali test sono gravati da una sensibilità e specificità bassa e variabile, sono da 2 a 10 volte meno sensibili dei “test sierologici standard” effettuati in laboratorio e sono in parte anche “operatore-dipendente” nella loro interpretazione». 
In pratica, «l’utilità diagnostica dei test rapidi è modesta e può anche essere fuorviante proprio in virtù della loro bassa e variabile sensibilità». Infatti il rischio maggiore è dei risultati falsi negativi: ad esempio, quando gli anticorpi nel soggetto in esame ci sono ma il test non riesce a rilevarli perché poco sensibile, si avrà quindi un “test falso negativo” e potrebbe riguardare una persona che invece si trova al suo massimo di contagiosità; quindi un serio pericolo per la comunità.  

Le conclusioni di Errico

«Al momento – scrive ancora il professionista residente a Santa Maria del Cedro –, l’unico utilizzo razionale dei test rapidi potrebbe essere nei Pronto Soccorso ospedalieri, come pre-screening di pazienti sintomatici/sospetti, in attesa del tampone e al fine di sapere come gestire l’eventuale isolamento; il tutto sempre e comunque nell’ambito un algoritmo operativo concordato». Poi conclude: «Alla luce delle suddette considerazioni, per le preoccupazioni che si possono  generare sulla popolazione e per l’incertezza sulla gestione dei risultati, si esortano i singoli Comuni, le farmacie, e ancora di più eventuali laboratori privati, a non acquistare e non programmare l’eventuale uso di "test sierologici rapidi"».

 

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