Covid, Gino Strada: «In Calabria sanità territoriale saltata. La gente non sa dove curarsi»

Il fondatore di Emergency parla dei problemi esistenti nella nostra regione: «Hanno chiuso 18 ospedali. Restiamo a disposizione per le vaccinazioni» (ASCOLTA L'AUDIO)

di Redazione
22 marzo 2021
10:57
Il fondatore di Emergency, Gino Strada
Il fondatore di Emergency, Gino Strada

Aver affidato alle singole Regioni la gestione della sanità e, quindi, della campagna vaccinale ha portato solo ad aumentare «le diseguaglianze. Sono convinto che la sanità, specie durante una grave pandemia, non possa essere gestita a livello regionale, deve tornare sotto il controllo statale». Altrimenti «succede che si vaccinano gli avvocati e i professori universitari prima degli over 80 e dei malati cronici: un non senso assoluto». Lo dice in un'intervista a 'La Stampa' Gino Strada, fondatore di Emergency, che ha da poco terminato la gestione di un reparto Covid a Crotone: «Restiamo a disposizione per altro, se ce lo chiedono».

Ospedali chiusi e vaccinazioni a rilento

Emergency è pronta «a dare una mano per cercare di accelerare la campagna, è inaccettabile che gli anziani ottantenni in Calabria aspettino ancora il vaccino, mentre in altre regioni sono quasi tutti già protetti. Ma lì il problema è più ampio: la sanità territoriale è saltata, hanno chiuso 18 ospedali, le persone non sanno dove andare a farsi curare». Per Strada, poi, l'eccellenza sanitaria lombarda «è un falso mito da sfatare. Siamo di fronte a un caso mondiale di inefficienza - sottolinea - non sono neanche riusciti a organizzare le prenotazioni per le vaccinazioni».


«Servivano più dosi»

Ora «arriveranno più dosi, ma non come previsto: la commissione europea ha negoziato male con le aziende farmaceutiche, servivano clausole più stringenti sulle forniture e sulla capacità di produzione». Strada rimarca anche che se non vacciniamo i paesi poveri «favoriremo l'insorgenza e la diffusione di nuove varianti che potrebbero rendere inutili i nostri vaccini. Nei paesi ricchi ormai vacciniamo una persona al secondo, in quelli poveri sono ancora lì che aspettano e, di questo passo, ci vorranno due o tre anni». Infine, rispetto alla vaccinazione di medici e infermieri, «credo che sia una questione di responsabilità sociale e di deontologia professionale: devono avere contatti continui con i pazienti, non possono essere potenziali veicoli di contagio. quindi, se non si proteggono, non devono poter esercitare», dichiara il fondatore di Emergency.

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