Emergenza sanità, l’allarme delle strutture private: «Calabresi umiliati»

VIDEO | Le associazioni riunite a Catanzaro per sollecitare un tavolo tecnico con il ministro sulla drammatica situazione sanitaria

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di Daniela  Amatruda
4 febbraio 2020
15:38

Chiedono un incontro con il ministro della Sanità Roberto Speranza le associazioni che rappresentano le strutture sanitarie in Calabria, per fissare «con urgenza un tavolo tecnico per discutere della drammatica situazione della sanità calabrese». Uneba, Aiop, Anaste, Aris, Agidae, Unindustria e Crea chiedono anche l’intervento del nuovo governatore affinchè si riesca ad intervenire prima che venga approvato il nuovo fabbisogno territoriale.

 


Le associazioni hanno convocato una conferenza stampa, nella sede di Unindustria Calabria per lanciare l’allarme rispetto alle difficoltà del settore dell’assistenza territoriale a causa dell’inadeguatezza dell’incremento dei fondi da parte del governo.

 

«Abbiamo un fabbisogno che viene gestito al 75 per cento – ha spiegato il presidente della sezione Sanità di Unindustria Calabria, Alfredo Citrigno –. Mancano risorse per 30 milioni di euro senza le quali non si può garantire un’assistenza immediata ai cittadini calabresi. Non capiamo il motivo per cui un calabrese debba avere un diritto alla salute diverso rispetto a quello che si può avere in Emilia Romagna o in Lombardia».

 

Nell’anno 2020 i commissari hanno reperito circa un milione e mezzo in più rispetto all'anno precedente, un importo ritenuto insufficiente a coprire il costo di tutte le prestazioni accreditate ritenute necessarie per garantire i livelli essenziali di assistenza. 

 

«Ci sono due punti fondamentali – ha detto il presidente di Confindustria Catanzaro, Aldo Ferrara – e riguardano le adeguate coperture finanziarie ed il rinnovo degli accordi contrattuali anche alla luce di quelli che sono stati i pronunciamenti del Consiglio di Stato e del Tar per quanto riguarda il tetto di spesa». 

 

«Noi costituiamo il 5 per cento del budget intero della sanità calabrese – ha dichiarato Luciano Squillaci, referente Aris – e su questo 5 per cento,  che serve gran parte dei calabresi, si fanno speculazioni economiche: questo è il risultato di un piano di rientro che sembra non avere mai fine». 

Le risorse economiche necessarie

Inoltre, le associazioni evidenziano che «la Regione Calabria si presenta ai tavoli ministeriali con i dati relativi alle prestazioni accreditate che, però, non coincidono con quelle convenzionate. Quindi, ci si trova nella situazione in cui si dimostra l'aumento delle prestazioni (accreditate), mentre in realtà la situazione reale non cambia e si continuano ad acquistare lo stesso numero di prestazioni.

 

«Purtroppo, però,— rivelano Uneba, Aiop, Anaste, Aris, Agidae, Unindustria e Crea - non si fa nulla per migliorare la situazione e per acquistare realmente tutte le prestazioni accreditate. Eppure il Comitato Lea richiama la Regione ad aumentare le prestazioni attualmente accreditate, ritenendole insufficienti al fabbisogno della popolazione. Servirebbe una copertura aggiuntiva di circa 20 milioni per acquistare tutte le prestazioni realmente accreditate e, quindi, immediatamente disponibili. Mentre per garantire realmente i Lea occorrerebbe un aumento del numero di prestazioni accreditate e un aumento delle risorse economiche di circa 80 milioni».

 

«Attualmente, però, commissari non riescono a trovare il modo di migliorare la situazione nonostante il fondo sanitario valga complessivamente oltre 3 miliardi».

 

Secondo le associazioni «nei prossimi giorni verrà approvato il nuovo fabbisogno territoriale che prevederà tutte le prestazioni secondo le direttive dei ministeri, quindi aumenterà l'attuale offerta, ma solo sulla carta: verranno aumentate le prestazioni accreditate ma quelle convenzionate resteranno sempre le stesse, e la Calabria rimarrà sempre agli ultimi posti nel garantire i Lea. Senza la necessaria copertura economica l'atto, però, non porterà alcun miglioramento concreto. Il fabbisogno territoriale stimato dagli stessi commissari ha portato al rilascio di una serie di accreditamenti di erogatori privati. Questi, però, non riescono a trovare la dovuta copertura economica nei budget annualmente assegnati alle Aziende sanitarie che, quindi, sono costrette ad acquistare molte meno prestazioni rispetto a quelle che effettivamente richiedono ed autorizzano».

 

Così procedendo, dicono, «la Calabria riuscirà, forse, a rispettare i Lea tra circa 20 anni. La conseguenza di ciò sono le lunghe liste di attesa per accedere ai servizi, l'abolizione del diritto di scelta del paziente, interminabili contenziosi tra erogatori e aziende sanitarie che non pagano le prestazioni richieste. Inoltre — spiegano Uneba, Aiop, Anaste, Aris, Agidae, Unindustria e Crea - un cattivo funzionamento dell'assistenza territoriale incide negativamente sull'assistenza ospedaliera, perché i pazienti, non trovando assistenza, continueranno a ricoverarsi (impropriamente) presso gli ospedali, con maggiori costi per il servizio sanitario».

Cosa fare

Uneba, Aiop, Anaste, Aris, Agidae, Unindustria e Crea ritengono «necessario intervenire per cambiare la situazione in quanto i commissari per il Piano di rientro dal deficit non sono messi nelle condizioni di farlo. Serve l'intervento del nuovo presidente della Giunta regionale e di tutti i parlamentari calabresi per cambiare rotta e dare una decisiva sterzata all'assistenza territoriale in Calabria. Bisognerà insistere presso i competenti ministeri al fine di ottenere le giuste coperture dei costi per garantire le prestazioni richieste dal Comitato Lea, altrimenti la Calabria rimarrà sempre agli ultimi posti per l'assistenza sanitaria e socio-sanitaria». 

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