Espianto multiorgano all'ospedale di Cosenza salva quattro persone

Il fegato, il cuore e i reni prelevati da distinte equipe chirurgiche sono stati già trapiantati. Le cornee sono state processate e conservate nella Banca Occhi, in attesa di essere distribuite

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di Redazione
17 luglio 2020
11:25

Nei giorni scorsi è stato effettuato all’ Ospedale dell’Annunziata un prelievo multiorgano, da donatrice cadavere di 54 anni, deceduta in seguito ad una emorragia cerebrale e ricoverata nella Unità di Terapia Intensiva del  nosocomio bruzio.

Gli organi: fegato, cuore, reni, e cornee sono stati prelevati da quattro distinte equipe chirurgiche. Il fegato e il cuore sono stati successivamente trapiantati nel Policlinico Umberto I di Roma e nel Policlinico Universitario A.O. di Siena.

I reni, il cui prelievo è stato eseguito dall’equipe chirurgica guidata dal dr. Sebastiano Vaccarisi, responsabile dell’UOSD Epatobiliopacreatica e Trapianti,  sono stati donati rispettivamente, uno a Padova, dove vi era un’emergenza nazionale e l’altro all’Annunziata di  Cosenza.


Le cornee, prelevate dal responsabile della Banca Occhi dell’Annunziata, dottor Giuseppe Calabrò, sono state processate e conservate nella Banca stessa, in attesa di essere distribuite per trapianto corneale.

La complessa operazione del Prelievo multiorgano, coordinata nell’Ospedale cosentino dalla dottoressa Maria Vigna, in sinergia con il Centro Regionale Trapianti, è stata resa possibile grazie alla generosità e sensibilità dei parenti della donna, «che  - racconta Vigna - hanno manifestato in autonomia la volontà di donare gli organi della congiunta».

«Purtroppo non è sempre così  – racconta la Coordinatrice ospedaliera per  l’attività di Donazione e Trapianti dell’Annunziata, che ha il delicato compito di comunicare e mantenere i rapporti con la famiglia del potenziale donatore  – Nel 2020, ad oggi,  su 12  accertamenti di morte, con criteri neurologici, solo 4 famiglie sono state favorevoli alla donazione degli organi».

«Anche nei due anni precedenti - dichiara la dottoressa – abbiamo assistito al 60 per cento di opposizioni da parte dei parenti. È una questione culturale e di non conoscenza. Diverso è il caso in cui i pazienti hanno manifestato in vita la volontà di donare gli organi. Ecco perché è necessaria una capillare attività di sensibilizzazione che noi portiamo avanti soprattutto tra le nuove generazioni, a scuola e nei contesti frequentati dai giovani.  Quest’anno, la pandemia Covid ci ha penalizzato e rallentato nella nostra attività d’informazione e formazione».

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