Lamezia, nel reparto di Neonatologia mancano medici, infermieri e… garze

VIDEO | Lo sfogo di una donna che ha partorito da poco al Giovanni Paolo II e racconta come sia difficile per lo stesso personale riuscire ad operare

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di Tiziana Bagnato
10 aprile 2019
13:34

Un reparto di eccellenza che fatica a portare avanti la quotidianità a causa di carenze d’organico importanti e di mancanze banali come alcol e garze che qualche infermiere si deve portare addirittura da casaSiamo a Lamezia Terme, nel reparto di Neonatologia. A segnalarci quanto accade una donna che ha partorito da poco. Abbiamo provato ad intervistare anche i medici e ci stato chiesto di inviare una e mail alla direzione generale dell’Asp specificando il contenuto dell’intervista per potere avere un’autorizzazione formale a procedere. Tutte le mail sono tornate indietro. A quel punto abbiamo richiamato l’Asp che ci ha dato conferma del fatto che le e mail con dominio aziendale erano fuori uso. Abbiamo lasciato un recapito telefonico dietro la promessa che saremmo stati richiamati. Promessa caduta nel vuoto, così come le e mail inviate.

 


Abbiamo deciso allora di procedere raccontandovi la testimonianza di questa neo mamma che riconosce il valore professionale e umano di chi lavora all’interno del reparto. Un valore che viene però schiacciato da mancanze importanti, forse troppo. Ecco allora che Neonatologia è la cartina di tornasole di un presidio in cui la quotidianità è difficile da sostenere e non per scarsa scrupolosità o accortezza da parte del gruppo medico ed infermieristico, ma per un’oggettiva situazione di carenze che porta a difficoltà anche nella copertura dei turni.

 

«Il clima era teso – ci racconta questa giovane mamma - specie per un reparto come quello di Neonatalogia e lo stesso personale ha raccontato come fossero decisamente sotto organico». Quando la donna lascia l’ospedale e il piccolo ha bisogno di un esame viene invitata a rivolgersi direttamente al reparto. «Ho chiesto perché non potessi prendere regolarmente un appuntamento e la pediatra mi ha riposto: “Signora io non so se da qui a una settimana reggo questi ritmi”. Dopo qualche giorno ho telefonato e mi è stato detto che il reparto era stato completamente chiuso alle visite esterne». L’invito è stato quello a rivolgersi ai privati o altri ospedali: «Ma perché – si chiede questa mamma – dovere andare fuori quando abbiamo professionalità e macchinari?».

 

 

Giornalista
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