Sanità, la ricetta elettronica in Calabria fatica a decollare

VIDEO | Ad inficiarne l'applicazione, il mancato aggiornamento dei software da parte degli erogatori pubblici e privati. I cittadini non possono usufruire delle prestazioni e il ministero non traccia i flussi

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di Luana  Costa
3 febbraio 2021
15:11

Informatizzazione ancora all'anno zero in Calabria. È il caso della ricetta dematerializzata che sfrutta un sistema informatizzato ma applicato a macchia di leopardo sul territorio tanto da provocare più di un disservizio, soprattutto ai cittadini. «I problemi legati alla ricetta dematerializzata creano un impatto importante nella percezione di buona sanità» spiega Gennaro De Nardo, segretario provinciale Fimmg Catanzaro. «I cittadini vengono infatti rinviati dal medico curante alle strutture erogatrici e viceversa perchè si ha l'impressione si ha l'impressione di parlare linguaggi completamente diversi».

Il dca

Nel novembre del 2019 l'allora commissario ad acta Saverio Cotticelli ha varato un decreto con cui si approva il catalogo delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, una lista che contiene tutti i servizi assistenziali prescrivibili ma aggiornata. «Noi fino a qualche tempo fa abbiamo continuato a lavorare con il nomenclatore tariffario Bindi che risale al 1997» conferma il medico. 


Aggiornamento dei sistemi

Il documento commissariale impegnava medici di base, pediatri ed erogatori pubblici e privati ad aggiornare i sistemi informatici. L'operazione dematerializzazione sarebbe dovuta iniziare dall'1 gennaio 2020: «Ancora il catalogo non è stato installato nelle procedura informatiche di numerosi erogatori, principalmente tra i erogatori pubblici». Cittadini costretti quindi a fare la spola quindi dagli studi medici e gli ospedali perchè i codici delle prestazioni, in particolare gli esami di laboratorio e quelli strumentali, non vengono riconosciuti.

Nessun tracciamento

E, ancor più grave, è l'assenza del tracciamento dei flussi informatici, i famigerati livelli essenziali di assistenza per cui Roma bacchetta sempre la Calabria e che costa ogni anno la proroga del piano di rientro. «Capita quindi che le prestazioni vengano effettivamente erogate ma non risultano al ministero perchè non vengono tracciate nei flussi informatici».

Giornalista
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