In media in Italia il 50% non fa i controlli per mammella e cervice, il 66% per il colon. Così, spiegano dalla Fondazione, in un anno non sono stati individuati in tempo oltre 50mila tumori
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La Calabria è l’ultima in Italia per l'adesione agli screening oncologici di mammella, cervice e colon-retto offerti gratuitamente dalle Regioni. Un triste primato fotografato dal report della Fondazione Gimbe sui dati 2023 dell'Osservatorio nazionale screening (Ons). A brillare sono il Trentino, l'Emilia Romagna e il Veneto mentre fanalino di coda è il Sud, con gli ultimi posti occupati da Sardegna, Campania, Sicilia e appunto la Calabria, ma con l'eccezione di Basilicata e Puglia che si piazzano a centro classifica (rispettivamente decima e undicesima).
Entrando nel dettaglio delle classifiche dei tre singoli screening, la Provincia Autonoma di Trento è prima per l'adesione agli quelli di mammella e cervice (rispettivamente 82,5% e 78% degli invitati a eseguire il test, e seconda (con il 53%) per il colon-retto, dietro al Veneto (62%). Sempre nelle graduatorie dei tre singoli screening, l'Emilia Romagna vanta rispettivamente due secondi e un quarto posto, mentre il Veneto un quinto, un terzo e, come detto, un primo.
Maglia nera alla Calabria, 21/ma e ultima in tutte e tre le classifiche, preceduta dalla Sicilia (18/ma, 20/ma e 19/ma), dalla Campania (19/ma, 19/ma e 20/ma) e dalla Sardegna (20/ma, 17/ma e 17/ma). Male anche il Lazio, al 16/mo posto (15/mo in tutte e tre le classifiche).
«È evidente - commenta il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta - che sul fronte degli inviti molte Regioni, in particolare del Sud, devono migliorare le proprie capacità organizzative. Ma, la principale criticità rimane la scarsa adesione agli screening: servono maggiori informazioni, strategie di comunicazione efficaci e coinvolgimento attivo dei cittadini. Perché aderire agli screening organizzati significa diagnosi precoce, trattamento tempestivo delle lesioni pre-cancerose, un numero maggiore di guarigioni definitive, meno sofferenze per i pazienti, costi minori per il Ssn e, soprattutto, meno decessi per tumore».
Non individuati in tempo oltre 50mila tumori, i dati in Italia
Oltre 50mila diagnosi mancate, tra tumori e lesioni pre-cancerose. È questa la conseguenza della mancata adesione, da parte di moltissimi cittadini agli screening oncologici gratuiti, con in media 1 persona su 2 che non fa quelli per mammella e cervice, e 2 su 3 quelli per colon-retto. «Adesioni ancora troppo basse e profonde diseguaglianze territoriali - dice Cartabellotta - mettono a rischio lo strumento più efficace per la diagnosi precoce dei tumori».
«Complessivamente - prosegue il presidente di Gimbe - nel 2023 quasi 16 milioni di persone sono state invitate ad eseguire un test di screening, ma solo 6,9 milioni hanno aderito, con marcate differenze di adesione sia fra i tre programmi sia, soprattutto, tra Regioni e macro-aree del Paese».
Gli screening oncologici inclusi nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), che tutte le Regioni sono tenute a offrire gratuitamente, prevedono: la mammografia per le donne tra i 50 ed i 69 anni (in alcune regioni non sottoposte a piani di rientro estesa alle donne tra i 45-49 anni e i 70-74); lo screening del tumore della cervice uterina per le donne tra i 25 ed i 64 anni; e quello colon-rettale per donne e uomini tra i 50 ed i 69 anni (in alcune regioni anche nella fascia 70-74).
Il report dell'Ons riporta numerosi indicatori utili a valutare la qualità del processo di erogazione degli screening, che presenta un'elevata variabilità tra Regioni in termini di modalità di invito, strategie di recupero e, soprattutto, coperture della popolazione target. «Se da un lato i dati Ons 2023 - aggiunge il presidente della Fondazione Gimbe - mostrano il trend in crescita sia degli inviti che della copertura della popolazione, siamo ancora molto lontani dall'obiettivo fissato nel 2022 dal Consiglio Europeo: garantire entro il 2025 una copertura degli screening oncologici ad almeno il 90% della popolazione target».
Nel 2023, spiega Cartabellotta, la mancata adesione ai programmi di screening organizzati non avrebbe consentito di identificare circa 10.900 carcinomi della mammella, di cui quasi 2.400 invasivi di piccole dimensioni; di quasi 10.300 lesioni pre-cancerose del collo dell'utero; e per il colon-retto di oltre 5.200 tumori e quasi 24.700 adenomi avanzati. Complessivamente si tratta di oltre 50mila lesioni la cui identificazione avrebbe consentito di avviare il percorso per una diagnosi precoce e, ove necessario, per una terapia efficace. «Prevenzione e promozione della salute - conclude Cartabellotta - rappresentano i pilastri per ridurre l'incidenza delle malattie e contribuire alla sostenibilità del Ssn. Ma oggi il paradosso è evidente: da un lato i cittadini sono in lista di attesa per esami diagnostici non sempre appropriati, dall'altro sono in milioni a non aderire ai programmi di screening organizzati».