A lanciare l’allarme è stato il Collegio italiano dei primari oncologi medici ospedalieri. Particolarmente critica èè la carenza infermieristica con impatti diretti sull'efficienza dei percorsi assistenziali.
Tutti gli articoli di Sanità
PHOTO
Crescono i nuovi casi di tumore, ma nelle corsie degli ospedali italiani diminuiscono oncologi e infermieri specializzati. Se la carenza di medici oncologi potrebbe essere colmata entro i prossimi 3-5 anni, la situazione degli infermieri resta invece critica: mancano all’appello almeno 175mila professionisti, una carenza che rischia di mettere in crisi l’intera rete oncologica multidisciplinare. A lanciare l’allarme è stato il Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo), durante un evento congiunto al recente congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), proponendo un piano di azione mirato a rafforzare formazione, percorsi di carriera e lavoro di squadra.
Secondo il nuovo rapporto congiunto Oecd/Unione Europea, nel nostro Paese si contano circa 5 oncologi ogni 100.000 abitanti, una densità tra le più basse d'Europa. Pur registrando una crescita media annua del 7%, il numero di specialisti rimane insufficiente a coprire i bisogni crescenti dei pazienti oncologici, soprattutto nelle aree periferiche e nei piccoli ospedali. Ma se questa carenza medica potrebbe risolversi nei prossimi 3-5 anni, è la scarsità infermieristica a restare una priorità. L'Italia risulta tra i Paesi con i numeri più bassi in Europa: servirebbero infatti almeno 175mila infermieri in più per allinearsi agli standard europei. La sostenibilità della rete oncologica in un contesto di crescente carenza di personale è dunque uno dei nodi più delicati per la sanità italiana, ma anche un tema globale.
«Il fabbisogno di trattamenti oncologici a livello mondiale è destinato a crescere di oltre il 50% nei prossimi 15 anni - spiega Giuseppe Aprile, segretario nazionale Cipomo -. Questo comporterà non solo una maggiore pressione sui sistemi sanitari, ma anche una ridefinizione del ruolo degli specialisti». Secondo i dati Cipomo, in Italia il numero di oncologi in formazione e di giovani specialisti potrebbe colmare l'attuale fabbisogno nell'arco di 3-5 anni. A restare critica, invece, è la carenza infermieristica, destinata a prolungarsi ben oltre il 2030, con impatti diretti sull'efficienza dei percorsi assistenziali. Inoltre, mancano investimenti per la formazione di case manager e di figure che aiutino la transizione delle cure dall'ospedale al territorio.
«Un ulteriore elemento di fragilità - precisa Paolo Tralongo, presidente Cipomo - è rappresentato dal peso crescente delle mansioni amministrative che assorbono oggi oltre il 40% del tempo di lavoro degli oncologi ospedalieri, riducendo il tempo realmente dedicato ai pazienti e contribuendo al rischio di burnout». Per il Cipomo, intervenire sulla progressiva riduzione della forza lavoro in oncologia richiede azioni concrete a più livelli.
«La trasformazione digitale - precisa la vicepresidente Rosarita Silva - può contribuire a migliorare l'efficienza organizzativa; la deburocratizzazione potrebbe ridurre il tempo non clinico a carico degli specialisti, mentre una maggiore integrazione con il territorio supportata dalla collaborazione con i Medici di Medicina Generale adeguatamente formati può contribuire a rendere più sostenibile il percorso di cura».
Tre, secondo gli oncologi ospedalieri, le priorità di intervento: potenziare i percorsi formativi in oncologia medica e infermieristica; rendere più attrattiva la professione, anche attraverso percorsi di carriera chiari e riconoscimenti economici adeguati; favorire modelli organizzativi che rafforzino il lavoro di squadra.
«La necessità di una pianificazione nazionale che metta al centro le persone e le competenze - conclude Tralongo - deve avere il duplice obiettivo di assicurare continuità alle cure e mantenere alto il livello di innovazione clinica che ha caratterizzato l'oncologia italiana negli ultimi anni».

