Il presidente nazionale dell'Associazione italiana di oncologia medica analizza i “viaggi della speranza”: «Andrebbero scoraggiati, spesso la migrazione sanitaria non si traduce in un reale miglioramento della qualità delle cure»
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Giovani, istruiti e provenienti dal Centro e dal Sud Italia: è questo l'identikit dei pazienti oncologici che cambiano regione per farsi curare. «A delinearlo, qualche anno fa, è stato un rapporto di Crea Sanità che ha analizzato la mobilità sanitaria oncologica nel 2018. Secondo i dati, l'8,5% delle persone con tumore sceglie di farsi curare fuori dalla propria regione. Molti di questi "viaggi della speranza” andrebbero scoraggiati - spiega all'Adnkronos Salute Massimo Di Maio, presidente nazionale dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) - perché spesso la migrazione sanitaria non si traduce in un reale miglioramento della qualità delle cure. In molti casi è piuttosto il frutto del pregiudizio che altrove si venga trattati meglio. Durante i 2 anni in cui ho lavorato in Calabria, ho visto persone che preferivano spostarsi fuori regione anche quando avrebbero potuto ricevere lo stesso trattamento vicino casa». Naturalmente, aggiunge Di Maio, una parte dei trasferimenti è invece giustificata da carenze oggettive. «In alcuni territori mancano ancora servizi in grado di garantire un percorso oncologico completo. E' quindi importante denunciare queste disuguaglianze e fare in modo che ogni paziente possa curarsi dove vive. Esiste sicuramente un gruppo di persone che si sposta per accedere a cure di qualità migliore, ma rappresenta una minoranza del totale, a mio avviso», precisa.
C'è poi un aspetto spesso trascurato, rimarca: l'impatto economico. «I lunghi spostamenti del paziente e dei familiari - ricorda Di Maio - possono avere conseguenze pesanti in termini di tossicità finanziaria, come dimostrano diversi studi condotti da Aiom e Favo. Alcuni centri stanno valutando di approfondire il tema con ricerche specifiche sui costi sostenuti da chi si cura lontano da casa».
Un altro tipo di mobilità, invece, è quella legata agli studi clinici e ai protocolli di ricerca. «In questi casi - puntualizza il presidente degli oncologi - la migrazione non solo è giustificata, ma spesso auspicabile, perché offre ai pazienti opportunità terapeutiche aggiuntive. Tuttavia, sarebbe ideale che i centri che ospitano studi sperimentali fossero distribuiti in modo più equilibrato sul territorio nazionale, per evitare spostamenti troppo lunghi». Il rapporto Crea Sanità a cui fa riferimento il presidente Aiom si concentra in particolare sugli spostamenti evitabili, che pesano in modo rilevante sui conti delle Regioni. Le più penalizzate sono Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Lazio, mentre le più attrattive risultano Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Veneto e Lazio.


