«Oltre alla malattia, devo combattere la burocrazia. E sono stanco». È lo sfogo amaro di Sergio Carrozza, un cittadino calabrese che, nonostante sia gravemente malato e costretto a curarsi fuori regione, oggi si trova a denunciare pubblicamente l’ennesimo disservizio che coinvolge la sanità reggina e il Fondo Nazionale per la Non Autosufficienza (Fna).
La battaglia non è solo per sé, ma per la moglie Ionela Sabina Radu, affetta da una grave patologia che le darebbe diritto all’assistenza Fna. Una domanda, quella per l’annualità 2019, presentata entro i termini il 26 febbraio 2024 e la cui graduatoria definitiva è stata pubblicata dall’Asp di Reggio Calabria solo il 14 febbraio 2025 con Delibera n. 189.
Da quel momento, però, il silenzio. Nessuna comunicazione sulla posizione in graduatoria, nessuna risposta al telefono indicato per le informazioni, nessun riscontro alla PEC inviata da Sergio il 24 marzo 2025. «Una vergogna istituzionale», dichiara, «in una terra dove la malattia è doppiamente una condanna».

Il caso è emblematico di una più ampia criticità nella gestione dei fondi per la non autosufficienza: il ritardo di un anno e mezzo nell’erogazione, la scarsa trasparenza e l’assenza di comunicazioni minano la fiducia nelle istituzioni.

«Perdurante il silenzio dell’amministrazione, sono stato costretto a rivolgermi al mio legale per vedere riconosciuto il diritto di mia moglie così manifestamente leso. In questo modo, con comunicazione legale trasmessa tramite posta elettronica certificata in data 5 giugno 2025, ho provveduto a nuovamente richiedere la posizione ricoperta. Anche stavolta, tuttavia, senza esito alcuno».

«Proprio per questi motivi ho effettuato innumerevoli telefonate a Reggio Calabria, nonostante sia affetto da un tumore al pancreas in stadio quarto, senza, ovviamente, ricevere alcun genere di risposta. Aggiungo che i pagamenti – prosegue Carrozza – proprio perché riguardano situazioni di particolare gravità devono essere assicurati mensilmente, e senza alcuna preferenza. Mi chiedo anche per quale motivo, nonostante vi sia la disponibilità economica, i pagamenti risultino eseguiti a scaglioni. Per quale altra ragione, inoltre, gli stessi pagamenti sono effettuati con vistoso ritardo, vale a dire addirittura dopo un anno e mezzo e, per giunta, non a tutti coloro che ne hanno diritto. Che fine fanno, detto in altri termini, gli altri fondi?».

Inoltre, il signor Carrozza rammenta anche che da febbraio scorso «con il nuovo piano terapeutico l’Asp non abbia inteso autorizzare a mia moglie nemmeno le tre previste sedute di logopedia, che risultano evidentemente del tutto vitali per una paziente affetta da Sla come Iei, ancor più in presenza di una grave disfagia».

«Non chiediamo privilegi, ma il rispetto di un diritto che può fare la differenza tra dignità e abbandono», conclude Sergio, chiedendo che si ponga fine all’inerzia e si diano risposte concrete. Perché la malattia non aspetta, e la dignità non può essere rimandata.