Il caso del focolaio di botulino a Diamante è esploso dal nulla nel tardo pomeriggio del 6 agosto scorso e ha aperto una voragine attorno a sé, lasciando una ferita profonda nell’intero territorio e nelle persone direttamente e indirettamente coinvolte, soprattutto alla luce di due possibili decessi legati al caso, quello di Luigi Di Sarno, 52 anni, e Tamara D’Acunto, 45. L’ipotesi investigativa più accreditata è che il food truck rosso di Viale Glauco abbia venduto ai clienti panini con all’interno un alimento contaminato dal botulino, presumibilmente broccoletti sott’olio, che dopo l’assunzione ha mandato all’ospedale sedici persone. Di queste, per quattordici si è reso necessario il ricovero.

Sotto inchiesta il titolare dell’attività

A finire immediatamente sotto indagine è stato il titolare, un giovane del posto, classe 1992, che aveva avviato la sua attività ambulante da nove anni, quando era poco più che ventenne, e mai in questo arco di tempo ha avuto problemi simili. Mai nessuno, prima d’ora, si era lamentato della qualità dei suoi panini, neppure per un mal di pancia. Anzi, il suo furgoncino rosso sgargiante, dal nome così famigliare e rassicurante, “Da Peppino”, aveva sempre attirato clientela da ogni dove, in qualunque fiera, a qualunque evento, di cui vi è traccia anche sui social.

Da qualche tempo, il giovane stazionava con la sua attività in Viale Glauco, a Diamante, il cuore pulsante del lungomare nuovo, la zona che collega la frazione Cirella al resto del paese, in cui, nelle sere agostane, passeggiano migliaia di residenti e turisti per godere del panorama e, perché no, gustare un buon panino. Ma la sera del 2 agosto - è la data che indicano gli inquirenti - qualcosa va dannatamente storto, anche se ancora il commerciante è ancora ignaro di tutto, così come i clienti che in quella data, e nelle quattro sere successive, consumano da lui un panino con i broccoli sott’olio.

Le morti sospette

Nel giorno in cui scoppia lo scandalo, con i primi due giovani che giungono in gravi condizioni all’ospedale Annunziata di Cosenza, il caso vuole che proprio a Diamante si pianga la morte di Tamara D’Acunto, una 45enne che abitava proprio nei pressi del food truck e che si era spenta all’improvviso, dopo aver lamentato dolori e malesseri generali. Apparentemente senza un perché. I suoi funerali si sono tenuti il giorno successivo, il 7 agosto, nelle ore in cui il dramma del botulino cominciava ad assumere proporzioni enormi e travalicava i confini regionali, soprattutto dopo notizia della morte di Di Sarno, deceduto con chiari sintomi da intossicazione da botulino, ma senza nessuna diagnosi precisa, nonostante si fosse recato in una clinica privata di Belvedere Marittimo per chiedere aiuto.

Dopo i funerali, i famigliari della donna erano comprensibilmente distrutti, ma la loro mente è andata indietro di qualche ora, ricordando di aver sentito dire alla ragazza che qualche sera prima si era recata al furgoncino rosso per mangiare un panino. L’ipotesi dell’intossicazione da botulino ha preso forma e il fratello ha presentato una formale denuncia.

L’interrogatorio e le fake news

La Procura di Paola, che coordina la maxi inchiesta, viene informata dell’accaduto proprio nei minuti in cui il commerciante, primo di nove indagati per il caso botulino, viene ascoltato nelle stanze del quinto piano del palazzo di giustizia paolano, assistito dal legale Francesco Liserre.

Il ragazzo si mostra collaborativo, dice tutto quel che sa, che non è esattamente ciò che comparirà il giorno successivo sulle pagine della stampa nazionale. Il ragazzo non ha mai detto di aver esposto i broccoli sotto al sole; ha invece detto di averli sempre esposti in vetrina per mostrarli ai clienti, dopo aver tolto il sigillo di garanzia, e che raramente ne avanzassero a fine serata.

D’altro canto, è anche vero che il furgone rimaneva esposto notte e giorno alle alte temperature esterne, ma queste sono valutazioni che potranno essere considerate solo dagli esperti che condurranno gli accertamenti.

La devastazione psicologica

Una delle poche certezze di questa vicenda, è che il giovane è letteralmente devastato per quanto accaduto, psicologicamente e moralmente, ha fatto sapere il suo avvocato, e che mai avrebbe voluto che accadesse una cosa simile. Non potrebbe essere altrimenti. Un giovane di 33 anni, che tutti descrivono come un instancabile lavoratore, si è ritrovato, da un momento all’altro, accusato dell’avvelenamento di quindici clienti e, forse, della morte di due. Una situazione da cui tornare indietro sembra impossibile, un peso enorme sulla coscienza difficile da sopportare, soprattutto nell'epoca dei social network, quando le sentenze del web pretenderebbero di sostituire quelle dei tribunali.

La perversione social

Il furgoncino rosso, nel frattempo, è diventato meta di “pellegrinaggio” di perversi visitatori, un luogo in cui scattare una foto instagrammabili o video da dare in pasto alla bulimica curiosità degli utenti di Tik Tok. E così la tragedia botulino a Diamante si trasforma in una stories da palcoscenico e il dolore vivo e lancinante di tante famiglie distrutte viene usato per mettere in moto l’engagement degli algoritmi social.

Al netto di tutto, la vicenda resta una ferita, per la città di Diamante e per le persone coinvolte, che forse nemmeno il tempo potrà guarire.

Le parole del legale

Il diretto interessato al momento non parla, vista anche la delicata fase dell'indagine. A parlare è il soltanto il suo avvocato, attraverso un video affidato alla stampa.

«Ritenendo di interpretare il comune sentimento con il mio assistito – fa sapere il legale - intendo esprimere il mio più profondo cordoglio e la sentita vicinanza alle famiglie delle povere vittime e l'augurio di pronta guarigione soprattutto a coloro i quali sono ancora ricoverati in terapia intensiva e in gravi condizioni».

L'avvocato resta cauto, non si addentra nel merito della vicenda, ma ricorda che, prima di esprimere qualsiasi giudizio, sarebbe corretto attendere innanzitutto l’esito delle autopsie, al fine di accertare la correlazione, al momento solo presunta, tra l’intossicazione da botulino e i due decessi. «Posso solo dire – aggiunge - che il mio assistito è comprensibilmente devastato dal punto di vista psicologico e morale per questa vicenda drammatica, che era - conclude - assolutamente imponderabile e imprevedibile».

Attualmente per la vicenda risultano indagate nove persone: oltre al venditore ambulante, ci sono tre responsabili delle ditte produttrici del prodotto incriminato e cinque medici che hanno avuto in cura i pazienti poi deceduti. 

Non si placa il clamore per la vicenda botulino a Diamante. Stavolta, a parlare è Francesco Liserre, avvocato del commerciante indagato dalla Procura di Paola per la presunta somministrazione degli alimenti contaminati. «Il mio assistito - dice - è devastato dal punto vista psicologico e morale».