Non è nuova in Calabria l’idea di riformare assetti e funzioni delle aziende del servizio sanitario. Formulata per la prima volta agli esordi del commissariamento della sanità calabrese, è poi finita in un cassetto del Consiglio regionale a prendere polvere. Approvato l’8 novembre del 2012 dalla terza commissione consiliare, il disegno di legge è poi stato affossato. Nell’aula di Palazzo Campanella non c’è mai arrivato.

La proposta, molto simile nei contenuti alla riforma tornata oggi nuovamente in auge su iniziativa del rieletto presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, prevedeva infatti un riordino delle funzioni in capo alle aziende sanitarie e ospedaliere calabresi, con il subentro di quest’ultime nelle competenze sulla gestione degli ospedali, così sottratte alle aziende sanitarie con compiti di sola assistenza territoriale.

La legislatura era la IX. Presidente della Giunta, Giuseppe Scopelliti. Ad inizio novembre il disegno di legge era pronto per la discussione in aula. Tra i firmatari, oltre a Gianpaolo Chiappetta, Nazzareno Salerno e Giulio Serra, anche Claudio Parente, all’epoca segretario della commissione sanità, medico ed esperto di organizzazione sanitaria.

Qual era la necessità dell’epoca?

«Si era già da qualche anno in regime di commissariamento per l’attuazione del piano di rientro del debito sanitario che prevedeva, tra l’altro, la riorganizzazione delle reti ospedaliere, territoriali e dell’emergenza – urgenza. Quale migliore occasione per riordinare il sistema sanitario regionale partendo proprio dalla diversa configurazione degli ambiti organizzativi e territoriali delle aziende sanitarie e di quelle ospedaliere con lo scorporo delle funzioni tra ospedale e territorio».

Cosa prevedeva quella legge?

«Le aziende sanitarie dovevano assicurare l’effettiva erogazione delle prestazioni incluse nei LEA e tutta l’assistenza territoriale anche in materia di ambiente di vita e di lavoro. Mentre le aziende ospedaliere, che avrebbero accorpato tutti i presidi ospedalieri gestiti dalle Aziende sanitarie, avrebbero assicurato le prestazioni di assistenza ospedaliera lavorando in sinergia tra i vari presidi alcuni destinati a particolari specializzazioni per ampliare l’offerta specialistica e diminuire l’emigrazione sanitaria».

Quali i vantaggi sul piano economico e di accesso alle cure?

«Notevolissimi, sia sul piano economico (governance sanitarie uniche, amministrazioni centralizzate, etc) che sul funzionamento dei servizi evitando così anche sovrapposizioni di attività nell’ambito degli stessi distretti che in ogni caso comportano spese per personale, strutture e altro. È più logico, per esempio, che un ospedale come quello di Lamezia Terme interagisca direttamente con l’Azienda Dulbecco di Catanzaro per accesso alle cure e non tramite interposizioni con l’Azienda sanitaria provinciale, cosi come per quanto riguarda servizi come il 118 ed altri dove la commistione non provoca altro che scarico di responsabilità sui disservizi che spesso si registrano».

Quella legge fu approvata dalla 3° commissione consiliare ma non arrivò mai ad essere discussa in aula. Perché?

«Sembrava troppo rivoluzionaria, anche per alcuni consiglieri regionali di maggioranza, perché questa proposta di legge faceva seguito alla riconversione di alcuni presidi ospedalieri in case della salute e nei cosiddetti centri di assistenza primaria territoriale (quelle che oggi sono le centrali operative territoriali) che già aveva creato non pochi malumori nei territori interessati alla rimodulazione dei servizi. Invece avrebbe permesso una accelerazione poderosa al processo di riordino della sanità regionale».

Secondo lei oggi ci sono le condizioni politiche e sociali per raggiungere il risultato?

«Politiche sicuramente, perché il presidente Occhiuto ha chiaro il quadro della situazione, su dove e come agire e con quali manager rendere il percorso più veloce ed efficiente. Per gli aspetti sociali, ormai le persone aspettano solo risultati, qualsiasi siano le strategie messe in campo. Ma senza riforme serie e strutturali si navigherà sempre a vista, nella speranza, in caso di bisogno, di incontrare sulla propria strada medici o servizi all’altezza, che nella nostra regione sono pure tanti. Ed è anche per mantenere motivati questi professionisti a rimanere in Calabria che le riforme assumono una importanza fondamentale nel programma del presidente Occhiuto».

Il disegno di legge 382/2012 

In particolare, la proposta di legge n° 382/2012 (“Istituzione delle aziende sanitarie territoriali e delle aziende sanitarie ospedaliere”), nasceva dall’esigenza di intervenire sugli altissimi tassi di ospedalizzazione e di ricovero, con conseguente inappropriatezza delle cure istituendo tre aziende sanitarie territoriali e tre aziende sanitarie ospedaliere per macro-aree.

A nord 

A nord, l’Asp di Cosenza avrebbe perso il controllo sugli ospedali spoke di Castrovillari, Rossano/Corigliano e Cetraro/Paola e sugli ospedali di zona montana di San Giovanni in Fiore ed Acri accorpati nell’azienda ospedaliera insieme all’hub di Cosenza.

Al centro 

Più spinta la riforma nell’area centro con l’istituzione di una azienda sanitaria con competenza territoriali sulle tre province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia. E la creazione di una azienda ospedaliera con il controllo sugli ospedali spoke di Lamezia Terme, Crotone e Vibo Valentia, Soverato e Tropea e gli ospedali di zona montana di Soveria Mannelli e Serra San Bruno accorpati all’hub di Catanzaro.

A sud

A sud, la nascita di una azienda sanitaria competente sull’intera provincia e una azienda ospedaliera con il controllo sugli spoke di Polistena e Locri, Melito Porto Salvo e Gioia Tauro e l’hub di Reggio Calabria. Il testo prevedeva l’entrata in esercizio delle nuove aziende a partire dall’1 gennaio 2013 e la decadenza di direttori generali, amministrativi e sanitari al quindicesimo giorno di entrata in vigore della legge.

Sarebbe stata la Regione, con successivo provvedimento, a disciplinare «le modalità ed i criteri per l'assegnazione del personale nei singoli presidi ospedalieri, dei beni patrimoniali mobili ed immobili, nonché per la successione nella titolarità dei rapporti giuridici attivi e passivi».