Selvaggia Lucarelli ha acceso la miccia. E lo ha fatto con una lunga newsletter che, nel giro di poche ore, è diventata il caso televisivo del momento. Al centro, il percorso di Barbara D’Urso a Ballando con le Stelle, ma soprattutto la narrativa social con cui la conduttrice ha lasciato intendere di sentirsi al centro di una sorta di “demolizione psicologica”. Un concetto che, secondo Lucarelli, non solo non trova riscontro nella realtà, ma risulta quasi comico se confrontato con le condizioni in cui la conduttrice sta partecipando al programma.

La giudice parte da un punto semplice ma cruciale: nessuno ha obbligato d’Urso a entrare nel cast. “Se trovava umiliante mettersi le scarpe da ballo e farsi giudicare poteva serenamente starsene a casa”, scrive Lucarelli, ricordando come la conduttrice non sia certo una figura in difficoltà economica o professionale. Per anni volto simbolo di Mediaset, D’Urso ha condotto fino a cinque programmi contemporaneamente, accumulando una popolarità e un patrimonio tali da potersi permettere qualsiasi tipo di pausa. Eppure, sostiene la giudice, la voglia di tornare in tv ha prevalso su ogni altra considerazione.

Il cuore della newsletter, però, non è il tono sarcastico ma la lista dei presunti privilegi di cui D’Urso godrebbe a Ballando. Lucarelli parla apertamente di “condizione di privilegio assoluto”, un’espressione che pesa come un macigno e che introduce una serie di dettagli rimasti finora dietro il sipario della trasmissione. Trucco e parrucco privati e non della Rai, un camerino in un’area separata rispetto agli altri concorrenti, un’abitazione considerata “mega”, messa a disposizione dalla produzione, e soprattutto un cachet definito “di centinaia di migliaia di euro”.

Per Lucarelli, tutto questo rende surreale la lamentela della conduttrice sul livello dei giudizi ricevuti in puntata o su un presunto clima ostile. “Sarei prudente nel buttarmi sul vittimismo”, scrive, “ci sarebbero volontari disposti a farsi dire ‘che noia’ da Mariotto per mezzo milione di euro”. La frase, diventata virale, sottolinea lo squilibrio tra narrazione e realtà: una concorrente lautamente pagata, protetta, privilegiata, che parla però come se stesse affrontando una battaglia personale.

Lo scontro si sposta poi su un altro territorio: l’addio alla tv commerciale. Lucarelli ricorda che D’Urso non sarebbe stata estromessa all’improvviso, ma che avrebbe pagato la volontà di difendere un certo tipo di televisione che stava già mostrando la corda. “Forse è stata mandata via perché non voleva capire che una certa tv stava morendo”, scrive, usando un’immagine durissima: “quella tv ha finito per uccidere lei”.

La giudice non attacca d’Urso come ballerina, né entra nelle dinamiche tecniche dello show. Il bersaglio è uno solo: la narrazione martirologica. Una narrazione che, secondo lei, stride con la realtà dei fatti e che trasforma una normale competizione televisiva in un dramma emotivo costruito a uso e consumo dei social. “A Ballando poteva godersela”, scrive, “invece se la sta vivendo come una che deve schivare le mine in un campo iracheno”. Una frase volutamente iperbolica che denuncia la sproporzione fra ciò che accade realmente e il modo in cui viene raccontato.

La risposta di D’Urso non è ancora arrivata, almeno non in forma diretta. Ma la battaglia, per ora, corre parallela alla gara: da un lato le storie della conduttrice, dense di citazioni e riflessioni velate; dall’altro la penna affilata di Lucarelli, che ha trasformato un semplice scambio di opinioni in un caso mediatico.

Quel che è certo è che Ballando ha trovato, ancora una volta, un meccanismo perfetto per far parlare di sé. Una dinamica che alimenta la curiosità del pubblico, accende dibattiti e rende le prossime puntate potenzialmente esplosive. In attesa di vedere se D’Urso deciderà di rispondere in studio o continuerà a farlo sui social, resta il dato di fatto: la gara ormai è solo una parte dello spettacolo. Il resto si consuma fuori scena, dove parole, allusioni e privilegi raccontano un’altra storia, altrettanto capace di catturare l’attenzione.