Mister Trocini riparte da un gruppo affamato ma incompleto. Blondett, Di Grazia e Montalto restano sul taccuino ma è ora di accelerare per evitare brutte sorprese
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Non sempre per cominciare si parte. A volte, l’inizio di una stagione si consuma dentro le mura di casa, lì dove tutto ha avuto origine e dove tutto, nel bene o nel male, si misura con la realtà. Il Centro Sportivo Sant’Agata, cuore pulsante della Reggina, riapre le sue porte: tra l’erba tagliata di fresco e il rimbombo dei primi palloni, prende il via oggi il ritiro precampionato della squadra amaranto. Ma in questo momento, il campo sembra più pronto della società.
Mister Trocini ritrova un gruppo affamato, con qualche certezza consolidata, tanti giovani e un’identità ancora tutta da formare. I colpi attesi continuano a non arrivare. Non è un mistero che da settimane ruotino attorno al mondo Reggina tre nomi su tutti: Blondett, per dare ordine e solidità alla linea difensiva; Di Grazia, esterno rapido e imprevedibile, capace di accendere la manovra; e Adriano Montalto, attaccante di esperienza, fondamentale per dare peso e leadership al reparto offensivo. Eppure, tutto resta sospeso, indefinito.
Trattative “in stato avanzato” che non si chiudono mai, “giorni decisivi” che passano senza d ecisioni.Nel frattempo il tempo scorre e la Serie D non aspetta. Il gruppo che oggi si ritrova al Sant’Agata ha entusiasmo e determinazione, ma non può essere lasciato solo a sostenere il peso delle aspettative di un’intera città. Alla base di ogni ambizione servono struttura, profondità, certezze. E queste non possono arrivare che da un mercato fatto con criterio, velocità e visione.
Il paradosso è evidente: una squadra che vuole e deve vincere si presenta al primo giorno di ritiro con più domande che risposte. Con la sensazione, ormai ricorrente, che i buoni propositi siano andati più veloci delle azioni. Eppure, il tempo non è mancato. Ogni giornata che si perde adesso diventa una rincorsa da affrontare più avanti, in un campionato che non concede sconti né seconde occasioni.
Ma la questione non è solo tecnica. È anche simbolica, quasi culturale: i colpi che non arrivano non sono soltanto una lacuna nell’organico, ma un messaggio mancato. Ai tifosi, innanzitutto, che hanno riempito gli spalti anche nei dilettanti, che continuano a esserci con fedeltà assoluta, chiedendo almeno coerenza, rispetto, direzione. Perché ogni promessa non mantenuta, ogni rinvio, ogni “ci siamo quasi” che si spegne nel silenzio, mina la credibilità della società e raffredda quell’entusiasmo popolare che è sempre stato il primo motore di questa squadra.
Il ritiro al Sant’Agata rappresenta un segnale di radicamento, di appartenenza. Ma non può bastare. Se questa stagione deve davvero essere quella del riscatto, allora bisogna fare scelte chiare, portare a casa i giocatori giusti, costruire una squadra vera. Si può partire in silenzio, si può lavorare senza clamore, ma restare fermi è un lusso che la Reggina non può più permettersi.
E allora il Sant’Agata, oggi, è sì il luogo dell’inizio. Ma può diventare anche il luogo del risveglio, a patto che chi guida questa società abbia davvero intenzione di vincere e non solo di continuare a raccontarlo.