L’intervista

Reggina, l’ex amministratore delegato Praticò: «In questi anni non c’è stata una linea guida coerente»

Nella lunga intervista concessa al nostro network parla anche del periodo in cui era al vertice della società amaranto: «Si stava lavorando abbastanza bene. Forse non siamo stati bravi allora a comunicare quello che stavamo portando avanti»

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di Redazione
13 gennaio 2022
22:45
Peppe Praticò
Peppe Praticò

Poco più di tre anni fa, iniziava alla Reggina l’era targata Luca Gallo. E, contestualmente, finiva quella che ha visto protagonisti Mimmo e Giuseppe Praticò, fra i fautori della rinascita del club dopo il fallimento nel luglio 2015. Proprio quest’ultimo è intervenuto ai microfoni del nostro network per commentare l’andamento attuale degli amaranto.

Ventitré punti in diciotto giornate e un quattordicesimo posto in classifica. Come giudica fin qui il percorso della Reggina?
«È chiaro che ci sia un po’ di delusione. Purtroppo qualcosa si è rotto dopo le prime giornate, adesso bisogna guardarsi dietro. Mimmo Toscano è un ottimo allenatore, conosce bene la piazza, ha ottenuto una promozione in maniera importante ed è un grande motivatore. È il miglior profilo possibile. La rosa ha espresso alcuni limiti, diversi giocatori non hanno mai visto il campo, per cui evidentemente qualcosa si è sbagliato. Ci sono, poi, delle zavorre, calciatori che non hanno reso e oggi difficili da piazzare sul mercato. Con questo non voglio dar colpe a Taibi, lo ritengo un ottimo Direttore Sportivo, l’ho portato io a Reggio. Secondo me, forse, in questi anni non c’è stata una filosofia, una linea guida coerente».


Cioè?
«Bisogna essere chiari con i tifosi. Si è parlato di Serie A, poi di playoff, ora di rinvigorire il settore giovanile. Non lo si costruisce però in sei mesi. Foti, ad esempio, aveva una mission chiara: prendere giocatori da rivalutare o prodotti all’interno del Sant’Agata. Noi volevamo far giocare i giovani, in primis perchè avevamo un budget limitato, poi per non fallire nuovamente. Non abbiamo mai avuto un decreto ingiuntivo, solo un’istanza di fallimento dal nostro avvocato, che ha rifiutato ogni forma di pagamento. Ma lo dico chiaramente: la Reggina non sarebbe fallita. Avevamo fatto una manifestazione d’interesse, dicendo che non avremmo più messo un euro nel club. Ma nessuno è venuto, eccetto Gallo».

Il Presidente Gallo a più riprese ha ribadito la sua volontà di restare al timone del club amaranto, nonostante le piccole difficoltà – confermate dal rientrante DG Vincenzo Iiriti – di natura economica.
«Penso gli investimenti fatti non si sono tradotti nel risultato sportivo. Chiaramente lasciare la società dall’oggi al domani, in questo momento, a cuor leggero, in un contesto pandemico, non porterebbe a nulla. Deve andare avanti cercando di perseguire i suoi obiettivi iniziali, quello di andare in massima serie, ribadito a più riprese. Escludo, comunque, che ci possano essere entrate, dei soci di minoranza. Non credo che Gallo sia alla ricerca dio questa soluzione».

Sembra essere lievemente scemato l’entusiasmo del primo anno e mezzo dell’era Gallo. Una questione di moda forse venuta lievemente meno?
«Diciamo che oggi si sta toccando con mano come lo zoccolo duro dei tifosi sia sempre quello, rimane invariato. Il resto del pubblico si muove in base all’obiettivo sportivo da raggiungere. Sui risultati. È la squadra che trascina il pubblico, non il contrario».

Avete dei rimpianti riguardo il vostro percorso alla guida della Reggina?
«Siamo ripartiti dopo il fallimento, dalla Serie D, arrivando quarti. Con quello che era il massimo del nostro sforzo, abbiamo fatto dei campionati in cui per pochi punti non siamo arrivati ai playoff. Non dimentichiamoci che nella nostra ultima stagione per oltre due mesi non abbiamo potuto giocare al Granillo, per la questione tiranti. Giocare due mesi fuori casa fa calare l’entusiasmo. Noi avevamo una filosofia di calcio, di farlo con i giovani, di farlo sostenibile. Si stava lavorando abbastanza bene. Forse non siamo stati bravi allora a comunicare quello che stavamo portando avanti. Purtroppo parliamo di uno sport che non è una scienza esatta»

Se ci fosse la possibilità, tornereste in futuro a occuparvi di calcio?
«È una domanda difficile. Il cuore dice sì, la testa assolutamente no. Chi vince? Solitamente dovrebbe vincere la testa (ride, ndr)».

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