Elezioni Calabria, dopo aver fatto fuori Irto nei piani di Letta e Conte c'è la candidatura di una donna

La Calabria per i signori del Pd nazionale è un laboratorio dove provare quello che non sono capaci di realizzare altrove: l’alleanza con il M5s. Un partito che divora i suoi figli migliori. Tutto ciò finalizzato a continuare a tenere in vita quadri nazionali inventati, servi sciocchi di oligarchi vecchi e nuovi

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di Pasquale Motta
11 giugno 2021
17:24
Nicola Irto ritira la candidatura. Il Pd pensa a una grillina per la corsa alla Regione?
Nicola Irto ritira la candidatura. Il Pd pensa a una grillina per la corsa alla Regione?

Nicola Irto, ha reso noto che la sua candidatura non c’è più, sostanzialmente a Roma gli hanno fatto capire che sarebbe di ostacolo ad un accordo con il M5s. Insomma, la Calabria, per i signori del Pd romano, è un laboratorio dove provare quello che non sono capaci di realizzare altrove, Roma in primis: l’alleanza con il M5s. Ma c’è di più. Nello schema calabrese, il candidato alla presidenza dovrebbe essere donna. Allo stato, non è ancora chiaro se ad indicarla dovranno essere i grillini o meno. Il toto candidata, è ufficialmente partito.

L’indiscrezione confermata da fonti autorevoli presso il Nazareno, rende ancora più ridicola, oltre che, carica di cinismo e ipocrisia, la dichiarazione fatta trapelare dal Pd nazionale sul secondo ritiro di Nicola Irto dalla partita. È ormai evidente che il confine tra ipocrisia e menzogna, da parte del gruppo dirigente nazionale democrat, è ampiamente oltrepassato.


«Ringrazio chi mi ha sostenuto con forza e determinazione in questi giorni - scrive Irto in un post sulla sua pagina social - vi assicuro che è solo l’inizio di una stagione che ci vedrà protagonisti. Il nostro impegno non è stagionale, episodico o strumentale, è, per l’intensità che ci mettiamo da anni, parte fondante delle nostre vite e non passa come una polemica preelettorale. Noi la Calabria, presto o tardi, la cambieremo davvero». Una lezione di stile quella dell’ex presidente del Consiglio regionale. Un’eleganza d’altri tempi. Un messaggio, il suo, che lascia spazio anche alla speranza e non al risentimento. L’epilogo, comunque, era prevedibile.

Una settimana fa, ebbi modo di scrivere sulla situazione del Pd e il ritiro di Irto la seguente considerazione: «Ma davvero qualcuno sano di mente e con un minimo di cognizione dei rudimenti della politica può credere o minimamente immaginare che il Pd calabrese e nazionale, abbia reinvestito sulla candidatura di Nicola Irto per il centrosinistra alla presidenza della Regione Calabria così come tutte le testate regionali scrivono?». Perdonatemi l’autocitazione ma fui facile profeta. Cercammo di mettere in evidenza l’ipocrisia del Pd nazionale e il cinismo dei suoi dirigenti, in primis dell’inviato di Roma, Francesco Boccia.

Tutto ciò, oggi è stato ampiamente confermato. L’inadeguatezza del Pd e dei suoi dirigenti nazionali, ancora una volta, emerge in tutta la sua drammatica gravità. La crisi valoriale e organizzativa del partito erede di una parte importante della sinistra italiana, riaffiora in tutta la sua catastrofica portata. Il Pd ormai è un partito cannibale, parricida, che divora i suoi figli migliori. Tutto ciò, finalizzato a continuare a tenere in vita quadri nazionali inventati, servi sciocchi di oligarchi vecchi e nuovi, i quali, sopravvivono come parassiti nelle sagrestie del partito nazionale, sotto la supervisione e la regia dei sempre eterni vecchi capibastone e delle loro correnti. La selezione della mediocre classe dirigente dei democrat, da anni ormai, avviene con questo metodo.

La signorilità di Nicola Irto in questa palude di privilegiati, dei soliti notabili che non lasciano spazio a nessuno, pronti, semmai, appena non ottengono qualcosa, ad andare via sbattendo la porta, rende ancor più plateale l’errore di valutazione (l’ennesimo) dei democrat romani sulla Calabria. Irto era una bella candidatura interna al Pd, se solo veramente il partito avesse creduto alla possibilità di costruire una coalizione dal basso e avesse voluto seriamente investire sulla sua leadership, lo avrebbe messo nelle condizioni di poter affrontare la sfida elettorale.

E invece no. Immediatamente dopo l’annuncio della sua candidatura, i cecchini interni si sono messi a lavoro. Le resistenze del M5s sulla candidatura di Irto aleggiavano da mesi, ma è assolutamente poco credibile che possa essere stato questo il motivo della liquidazione della sua candidatura. È incomprensibile, infatti, che il Pd si sia fatto mettere il veto da un movimento che alle ultime elezioni regionali non ha raggiunto nemmeno il quorum necessario per entrare in consiglio regionale. Ragionevole lavorare ad una coalizione più larga, ma arrivare al punto di farsi dettare la linea sembra eccessivo. È evidente, dunque che le maggiori resistenze alla candidatura di Irto, siano state tutte interne.

Lo ha compreso bene un dirigente di lungo corso ed ex parlamentare regionale, Nicola Gargano, il quale, sul profilo social dell’ex presidente del consiglio, scrive senza mezzi termini: «Sono semplicemente basito. Non ho parole. La sperimentazione cinica con zero possibilità di successo imposta alla Calabria (debole, reietta, divisa, venduta dagli ascari di turno) a tutti i costi, sacrificando un appena avviato tentativo di ricostruzione del Pd e la possibilità di fare una campagna elettorale in scioltezza, con una candidatura significativa e di peso come la tua. Ma non possiamo accettare il "todos caballeros", arriverà pure il momento di appurare ogni responsabilità». Difficile dargli torto. Ancora una volta, dunque, sul fronte del centrosinistra, la Calabria, diventa luogo di scambio, di sperimentazione. Un’operazione che non ha nessuna possibilità di successo e che finirà in un fallimento peggiore di quello già ampiamente sperimentato con Pippo Callipo.

Il partito democratico è veramente irriformabile, ostaggio dei vizi peggiori. I segretari cambiano, vanno via, lasciano il partito, ma i vizi rimangono. Il destino di questo PD, smentisce anche la considerazione di un noto economista del novecento, Albert O. Hirschman il quale aveva scritto: “In ogni condizione c’è una riforma possibile”. Ecco, a quanto sembra, nella condizione del Pd, non esiste una riforma possibile.

Giornalista
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