L’analisi

Il paradosso Catanzaro: la città di centrodestra contesa da due professori di sinistra

È la prova plastica di una dinamica politica ormai impazzita che risente pesantemente delle contese e delle lacerazioni nazionali sui vari fronti. Sullo sfondo la fine dell'epoca di Abramo. Come finirà?

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di Pasquale Motta
23 giugno 2022
20:15
Nicola Fiorita e Valerio Donato
Nicola Fiorita e Valerio Donato

Le ultime liturgie elettorali prima del secondo turno di ballottaggio di Catanzaro si stanno consumando senza particolari scossoni. Le ultime polemiche al vetriolo conseguenza dei colpi di coda di una campagna elettorale anomala si stanno spegnendo senza particolari danni tra le fazioni che si fronteggiano. Quale sarebbe l’anomalia? Il fatto che in una città che continua a confermarsi moderata e di destra, così come si evince dal dato delle liste nel primo turno, a contendersi la poltrona di primo cittadino sono due professori dichiaratamente di sinistra.

Sembrerebbe un paradosso, ma è la prova plastica di una dinamica politica ormai impazzita sia a destra che a sinistra e che risente pesantemente delle contese e delle lacerazioni nazionali sui vari fronti politici, in vista delle elezioni della prossima primavera.


La sfida tra due professori di sinistra sulle divisioni del centrodestra

Il primo professore, Fiorita, corre per una coalizione tradizionalmente di sinistra (PD+M5S e civiche), il secondo, Donato, per una coalizione di cui fanno parte anche le formazioni tradizionalmente di centrodestra oltre alle civiche. Quale sarà l’epilogo dello scontro tra i due docenti figli della stessa radice politica è difficile prevederlo e, d’altronde, anche se lo sapessi, non mi passerebbe nemmeno per l’anticamera del cervello di scriverlo a poche ore dalla chiusura della campagna elettorale. Tra i due professori c’è un mare di contese, faide, lacerazioni, scontri, tattiche e strategie che si trascinano da almeno quattro lustri e che vanno oltre la storia dei due candidati in competizione e la relativa parabola elettorale. 

Da analista e da modesto osservatore delle dinamiche politiche contemporanee alle nostre latitudini, provo ad interpretare questo curioso paradosso politico tutto catanzarese. È ipotizzabile che, tutto ciò, sia riconducibile alla lunga stagione amministrativa di Sergio Abramo.

Domenica sera, infatti, il capoluogo di regione si metterà dietro le spalle la sua lunga sindacatura. 20 anni di governo incontrastato targato centrodestra, la formula più longeva e stabile di tutta la regione e tra le più stabili del paese. Per anni, un mix perfetto di governo di complessi equilibri di potere cittadino, composto da imprenditori di peso, da un ceto politico consolidato e da un’importante pezzo di borghesia cittadina radicata nella burocrazia pubblica della regione, e poi da tante eminenze grigie che, spesso, hanno dettato l’agenda politica catanzarese e regionale. Questo meccanismo, negli ultimi tempi, si è sfarinato. Le elezioni regionali hanno palesato la crisi del sistema.

Per la prima volta il centrodestra cittadino si è ritrovato fuori dal consiglio regionale. La parabola politica di Abramo, dunque, si conclude anche su quel fronte, tra veleni, incomprensioni e risentimenti. La fine di un’epoca. Certo, non si può dire che, al netto delle legittime strumentalizzazioni politiche, tale epoca si sia consumata nell’immobilismo amministrativo. Un’affermazione del genere risulterebbe falsa. La città in questi anni è molto cambiata. Possiamo affermare, senza possibilità di essere smentiti, che Sergio Abramo è stato un buon amministratore ma un pessimo politico. Al capoluogo di regione, infatti, in questi anni è mancata soprattutto una visione politica. Ciò ne ha determinato la graduale perdita di identità e l’ha posta sul binario di un lento e progressivo declino. Se tale declino sia inesorabile o meno, sarà la vera sfida con cui si misurerà il prossimo sindaco della città. Dopo vent’anni di abramismo, nel cdx catanzarese non è cresciuta una nuova classe dirigente. L’epoca Abramo non lascia eredi. L’unica che poteva raccogliere i cocci di questa esperienza e, forse, portarla alla vittoria, poteva essere solo Wanda Ferro. Ma la storia è andata diversamente. È in questo quadro di crisi di classe dirigente del centrodestra catanzarese che, a mio avviso, si è infilata la proposta di Valerio Donato. Una proposta che, per il centrodestra, potrebbe essere un’ancora di salvezza in vista della partita delle elezioni politiche oppure la Waterloo definitiva.  Tutto ciò lo capiremo il 26 giugno.

La strettoia di Nicola Fiorita

Sull’altro fronte, è indubbio che al primo turno, Nicola Fiorita, sia stato il vincitore morale, in considerazione del fatto che il gradimento alla sua leadership è andato ben oltre quello riservato alla sua liste.  Ciò significa che la scelta della sua candidatura si è rivelata giusta. Tuttavia, il risultato delle liste a sostegno di Donato ha ipotecato già al primo turno gli equilibri del prossimo consiglio comunale del capoluogo. Comunque vada la maggioranza, dunque, sarà in mano al centrodestra e alle liste della coalizione del suo avversario. La famosa “anatra zoppa”. La battaglia politica di questa campagna elettorale del secondo turno per Nicola Fiorita si sta giocando tutta nel convincere la città che, nel caso dovesse vincere, sarà in grado di garantire stabilità alla città. Ipotesi plausibile peraltro, ci sono altri esempi di “anatre zoppe” che hanno governato in queste condizioni.

Nel corso di queste due settimane di campagna elettorale per il ballottaggio Fiorita è riuscito a convincere gli elettori sulla sua capacità di governare in assenza di una maggioranza? Lo vedremo all’apertura delle urne. È prevedibile però, che la partita si stia giocando intorno a questo interrogativo. Un passaggio politico e dialettico strettissimo ma sicuramente non impossibile. Lo sforzo è quello, innanzitutto, di mettere in campo una proposta politica che sia in grado di convincere gli elettori storicamente moderati del capoluogo calabrese a fidarsi della sinistra incarnata da Fiorita. Tuttavia, una tale circostanza, al di là della opportunità di evidenziarlo o meno, per non turbare i tradizionali elettorati, passa attraverso la ricerca di un accordo con un pezzo di quella maggioranza consiliare di centro destra.

Donato o Fiorita dovranno arrivare al compromesso

Comunque vada sia Donato che Fiorita, dunque, si troveranno a dover compiere scelte destinate a modificare profondamente il quadro politico e amministrativo cittadino. Dovranno incrociare la loro sfida di innovazione con l’inevitabile compromesso politico. Valerio Donato dalle sue liste ha avuto un segnale molto chiaro. Con quella maggioranza dovrà governare. Come è altrettanto chiaro che, dal punto di vista politico, se il professore Valerio Donato vuole andare fino in fondo, con il centrodestra tradizionale dovrà confrontarsi e aprire un dialogo anche per poter essere sostenuto sui tavoli romani del potere, con i quali dovrà inevitabilmente fare i conti.  

Ciò significa che, gradualmente, e rapidamente, il docente dell’UMG dovrà cambiare approccio dal punto di vista politico con i leader nazionali del cdx assorbendo definitivamente una certa intolleranza verso le relative forze politiche.  

Ciò vale anche per Nicola Fiorita, a parte invertite, dovrà mettere da parte la tradizionale superiorità culturale tipica di una certa sinistra e, nel caso dovesse vincere, sporcarsi le mani (politicamente parlando) nel proporre un giusto compromesso a quei consiglieri comunali che hanno visioni opposte alle sue. Questa è la politica bellezza. Entrambi i candidati, debbono avere ben presente che sullo sfondo ci sono le elezioni politiche, sulle quali dovranno dire la propria. Nessun ruolo potrà essere ricostruito per Catanzaro, se il capoluogo non avrà la possibilità di esprimere la giusta rappresentanza istituzionale nel Parlamento della Repubblica. Ma questa è un’altra storia.

Giornalista
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