L’analisi

Se il PD non si libera dell’alleanza con il populismo giallo e rosso è destinato a scomparire

Campo largo o Ulivo significa perpetuare la politica suicida del no al nucleare di nuova generazione, del no alle trivellazioni, ai termovalorizzatori, ai ri-gassificatori, a qualsiasi riforma radicale della giustizia e della magistratura? Se i democrat non riusciranno rispondere a questi interrogativi difficilmente troveranno la quadra su formule, alleanze o legge elettorale

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di Pasquale Motta
4 luglio 2022
22:30
Giuseppe Conte e Dario Franceschini
Giuseppe Conte e Dario Franceschini

Dario Franceschini, ministro dei beni culturali, sta tentando di riportare il PD verso il campo della lucidità politica, disincagliandolo da quel “benedetto” campo largo dove è contenuto tutto e il contrario di tutto? Oppure il suo diktat al M5S è semplicemente tattica finalizzata alla stabilità del governo? Difficile trovare una risposta a questi interrogativi in queste ore e, forse, nelle prossime settimane.

E, tuttavia, tattica o strategia a parte, se il Pd non prende consapevolezza che l’alleanza con il grillismo rischia di trascinarlo nel baratro difficilmente riuscirà a dare un futuro al campo che intende rappresentare. La posizione del campo largo, i cui limiti sono venuti fuori alle elezioni amministrative in tutta la sua drammaticità, è una posizione che, sostanzialmente, ha imbrigliato il maggior partito del centrosinistra su posizioni assolutamente ambigue e che lo hanno incatenato, ancora una volta, a concezioni che non riescono ad emanciparlo come   moderno partito riformista ed europeo.  Il problema, evidentemente, non è tattico ma di contenuti.


Il PD rischia di essere soffocato da alleanza con M5s

L’alleanza con il morituro partito del populismo italiano, il M5S, infatti, ha fatto arenare questo partito nelle secche di concezioni e visioni assurde che hanno inginocchiato il paese, e che pandemia e guerra hanno reso plasticamente evidente. Il radicalismo ambientale di questi movimenti populistici ha consegnato il paese alla dipendenza energetica di un dittatore come Putin.

E ancora oggi, in piena guerra, nell’universo grillino sopravvivono idee e posizioni illogiche ed assurde. Campo largo, dunque cosa significa? Perpetuare la politica suicida del no al nucleare di nuova generazione, alle trivellazioni, ai termovalorizzatori, ai  ri-gassificatori? Oppure campo largo significa no a qualsiasi riforma radicale della giustizia e della magistratura, come ha evidenziato la posizione pilatesca scelta da Letta sui referendum? Il problema del PD, con buona pace di Franceschini e Letta, non è legato ad una formula: Ulivo si, ulivo no, campo largo si, campo largo no, proporzionale si, proporzionale no. Il problema del Pd è ancora legato oltre che ai contenuti, alla decisione definitiva sulla sua collocazione. Se i democrat non riusciranno rispondere a questi interrogativi difficilmente troveranno la quadra su formule, alleanze o legge elettorale.

Ulivo sotterrato dai parolai rossi

Inoltre, la guerra in Ucraina sta scavando solchi definivi con una certa sinistra. Se i democrat non prendono consapevolezza di tutto ciò, rischiano di riproporre schemi e alleanze non solo precarie ma anche nocive. L’Ulivo ha tentato per ben due volte di tenere dentro Mastella e Bertinotti. Di Pietro e il riformismo garantista. Abbiamo visto come è andata a finire. Romano Prodi riuscì a vincere per un pugno di voti, imbarcando di tutto e di più e, alla fine, per ben due volte, rimase seppellito sotto le macerie dei parolai rossi (Bertinotti e Turigliatto) di turno che aveva imbarcato. I democrat, dunque, si trovano di fronte ad un bivio molto serio: riproporre il percorso degli ulivi e relativi cespugli del passato, oppure costruire una coerente forza riformista legata al socialismo liberale? Se il Pd sceglierà di impiccarsi ancora una volta alla politica dei cespugli dalle molteplici radici, non solo non diventerà maggioranza nel paese ma rischia di scomparire definitivamente. Il problema dei problemi degli eredi del PCI e di tutto quello che è nato dopo quella storia, è sempre stato l’incapacità di conquistare quel vasto blocco sociale che, spesso, ha preferito votare centrodestra, oppure astenersi, piuttosto che affidarsi al PD. Tale diffidenza è una storia che si ripete ciclicamente, fin dai tempi del PCI. La sinistra non riesce ad andare oltre la rappresentanza di un terzo degli italiani.  

Franceschini e Letta verso il riformismo vero?

Se la posizione di Dario Franceschini, dunque, è orientata a dare una vigorosa virata a questa impostazione, che è appunto, quella di liberarsi rapidamente di un campo largo che, in quanto a visuale, potrebbe definirsi un campo strettissimo, forse la prospettiva dei democrat potrebbe essere destinata ad allargarsi e di molto. Il processo del PD verso un riformismo vero, oggi più che mai, diventa inevitabile ed ineludibile. Questo partito deve stabilire se intende spostarsi definitivamente nel novero dei partiti riformisti europei e, soprattutto, se intende definitivamente collocarsi nel campo di quel socialismo liberale, nel quale avrebbe dovuto collocarsi fin da subito.

L’agonia del grillismo e la nascita di neo populismi rossi

Una cosa è certa: Il grillismo, o quello che ne rimane dopo la scissione, ormai va gradualmente radicalizzandosi verso lidi già sperimentati e che hanno prodotto disastri su tutti i fronti. E non basterà l’incontro tra Draghi e Conte per frenare la deriva di questo movimento. Se l’ex premier guarda a Di Battista in trasferta nella Russia di Putin, piuttosto che i modelli dei neo movimenti progressisti europei, prima o poi, più prima che poi, bisognerà che il PD lo lasci al proprio destino. E, d’altronde, pare che i due terzi del movimento, secondo un sondaggio interno, protendano verso questa scelta.  All’orizzonte, inoltre, sembra che si affaccino nuovi populismi rossi, venuti fuori in questi mesi di guerra.

Complice, quella sinistra che simpatizza per Putin in chiave anti Nato e mascherata di pacifismo un tanto al chilo. Tale sinistra ha trovato il suo vate in Michele Santoro. Fenomeno allevato nei talk Tv tra la 7 e la Rai di Carta Bianca e, a quanto sembra, pronto a fondare un nuovo movimento politico. Il minoritarismo endemico di una certa sinistra, si affaccia sulla scena. Il minoritarismo che ha bisogno di una nuova rappresentazione (l’ennesima) è figlio di quella sinistra intellettuale e salottiera che ha distrutto la sinistra organizzata e di massa. Il minoritarismo orfano del sessantottismo e alla ricerca di un riscatto in chiave anti atlantista. È immaginabile che si possa costruire un campo riformista inglobando tutto ciò? Su questo interrogativo il PD dovrebbe aprire una seria riflessione.

Giornalista
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