Un luogo immerso tra le nuvole e il verde, viaggio nel Santuario di San Francesco da Paola

Il rumore meraviglioso e poetico del fiume, qui ogni muro ha una storia da raccontare: viaggio in un luogo di preghiera dal fascino senza tempo

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di Giuseppe Gervasi
23 febbraio 2023
17:03

In viaggio per raggiungere il Santuario Regionale di San Francesco da Paola: il Santo Patrono della Calabria e protettore della gente di mare.

C’ero stato da bambino di ritorno dalla Sila innevata, ma ricordo poco, solo una bomba custodita in un luogo, sganciata durante la seconda guerra mondiale nell’agosto del 1943, rimasta inesplosa: il Santuario del Santo rivoluzionario in nome di Dio restò pressoché intatto.


La solita strada statale 106 verso Catanzaro e poi direzione Lamezia Terme.

Il verde cartello A2: seguo le indicazioni per Salerno ed esco a Falerna.

Entro nella Statale 18: Belmonte, San Lucido, Amantea… Amantea, Belmonte, San Lucido… non ricordo perfettamente l’ordine di successione di queste belle località ma ricordo la loro bellezza.

Lentissimo in macchina per gustare ogni visione e poi un buon caffè prima di raggiungere Paola in provincia di Cosenza: destinazione finale.

Sono le prime ore del pomeriggio e al sole tra le nuvole del reggino si sostituisce il cielo completamente grigio del cosentino.

Raggiungo Paola e salgo verso il suo Santuario lasciandomi guidare dalle indicazioni e dal Volto di Francesco.

“Il 2 aprile è il giorno che la Chiesa dedica ad una delle sue figure più importanti: San Francesco da Paola, taumaturgo che già nel nome porta un destino dentro.

Nasce a Paola, in provincia di Cosenza nel 1416 da una famiglia di modeste condizioni. Alla precoce età di dodici anni fu mandato nel convento dei frati Minori di S. Marco Argentano. Lì evidenziò atteggiamenti soprannaturali come ad esempio la capacità di bilocarsi: i frati lo videro servire messa e nello stesso momento apparecchiare la tavola nel refettorio del convento.

Poco tempo dopo, Francesco iniziò la vita da eremita dedicandosi alla preghiera, al lavoro e alla penitenza seguendo lo stile degli antichi anacoreti e il suo esempio fu presto seguito da un gruppo di giovani ragazzi: “gli eremiti di Fra Francesco” per i quali lui stesso costruì delle celle e poi una piccola chiesa e un chiostro.

Nel 1450 dopo la morte della madre anche lui entrò a farne parte.

Proprio nel proto-convento del Santuario, oggi i pellegrini possono visitare la cosiddetta “zona dei miracoli”, dove il Santo fu protagonista di eventi prodigiosi come quando, ad esempio, entrò per ben due volte in una fornace che ardeva a pieno ritmo per ripararla e ne uscì illeso.

Da ricordare i suoi miracoli rivolti agli infermi: guarigioni prodigiose a favore di paralitici, di lebbrosi, di ciechi, di indemoniati e persino la resurrezione di ragazzo morto: il nipote Nicola, figlio della sorella Brigida.

Particolarmente incisiva anche la sua attività di sostegno e conforto ai meno abbienti e alle vittime di abusi da parte dei potenti.

Il suo rapporto con l’autorità viene ben definito da un preciso episodio: quando la sua santità raggiunse anche la Francia, re Luigi XI, gravemente ammalato, mandò in Calabria nelle mani dei suoi delegati ricchi doni per convincere il Santo ad andare in Francia per guarirlo.

Il Santo rifiutò, ma un ordine diretto del Papa lo costrinse a partire.

Durante il viaggio fu ospitato a Napoli da re Ferrante e gli vennero donate monete d’oro per la costruzione di un convento.

Francesco rifiutò e spezzò una moneta dalla quale uscì sangue: «È il sangue dei tuoi sudditi che opprimi e che grida vendetta al cospetto di Dio», queste le potenti parole del Santo.

Morì il 2 aprile del 1507 in Francia.

Il Venerdì, durante la “Passione” dal Vangelo secondo Giovanni esalò l’ultimo respiro mentre venivano recitate le parole:

«Et inclinato capite, tradidit spiritum»

(E, chinato il capo, rese lo spirito).

Fu beatificato nel 1513 da Leone X e canonizzato nel 1519.

Fu proclamato “Patrone della gente di mare della nazione Italiana” nel 1943 da Papa Pio XII.

È il Santo Patrono della nostra terra: la Calabria.”

All’improvviso una lunga parete alla mia sinistra e poi raggiungo il parcheggio del Santuario di San Francesco da Paola.

Scendo dall’auto e il rumore meraviglioso e poetico del fiume, che passa sotto le mura del Santuario immobilizza il mio udito: la preghiera e la voce del fiume ancora una volta…

Il santuario immerso tra le nuvole e il verde: una coppia presa per mano, un ciclista del primo pomeriggio e donne che pregano innanzi alla statua di Francesco.

Ritrovo la spiritualità perduta volgendo lo sguardo verso il volto del Santo.

I miei passi o altri passi mi fanno da guida:

“ANTICO ROMITORIO

COSTRUITO DAL SANTO

E DAI SUOI PRIMI SEGUACI

NEL 1452

QUESTO ROMITOGGIO.

COMPRENDENTE UN ORATORIO

E ALCUNI PICCOLI LOCALI.

COSTITUISCE  IL NUCLEO PIÙ ANTICO

DELL’ATTUALE CONVENTO PAOLANO.”

La mia curiosità si concentra sulla scritta successiva in rosso:

“Vietato scrivere sui muri”.

E penso che il vero messaggio è che in questo luogo ogni pietra, ogni muro ha una storia da raccontare.

Il lungo corridoio che anticipa l’arrivo nella Biblioteca Charitas: brividi di freddo e di altre sensazioni quando entro nella biblioteca dove Fra Sorriso mi accoglie e mi regala il luogo.

Tanti volti, tanti testi, tante storie di fragilità e poi decido di andare.

La leggera ombra della sera è giunta e mi indica il chiostro, un quadro di San Francesco, il giallo antico di un luogo di preghiera, il Santo che naviga sulle acque con il suo mantello e la Calcara, che Francesco riparò entrando tra le fiamme.

Oramai è sera quando esco dal Santuario: dolcemente illuminato da una luce bianca che esalta la sua visione nell’oscurità di Paola.

Il rumore dell’acqua, il saluto di una signora, la mia sciarpa al vento e ancora una volta il viso di Francesco a ricordarmi che è tempo di tornare a casa: per un altro abbraccio e un’altra notte in attesa del giorno…

 

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