L’intervista

«Puntiamo sul turismo lento e sostenibile»: la ricetta di Talarico per salvare la montagna dalla crisi

L’operatore turistico della Sila piccola analizza le conseguenze «preoccupanti» dei mutamenti climatici che hanno cambiato i flussi dei vacanzieri in inverno e la produzione agroalimentare. «Stagione sciistica più breve ma c’è un modo per gestire le difficoltà» 

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di Franco Laratta
26 febbraio 2024
11:12
L’operatore turistico Giovanni Talarico e l’Hotel delle Fate
L’operatore turistico Giovanni Talarico e l’Hotel delle Fate

La montagna ai tempi della crisi climatica. Questa volta siamo nella Sila Piccola Catanzarese, precisamente al Villaggio Mancuso, una meta turistica di alta montagna fra le più rinomate. Siamo con Giovanni Talarico, operatore turistico con una storia importante e tanto impegno a favore di un’area bellissima della nostra Sila.
 
I mutamenti climatici ora preoccupano veramente. Anche e soprattutto chi la montagna la vive tutti i giorni.
«La crisi climatica sta avendo un impatto significativo anche sui nostri altopiani, con un decremento dei flussi turistici invernali e sulla produzione agroalimentare, che stanno subendo dei cambiamenti notevoli. Già questo anno poco nevoso ha registrato meno presenze nel nostro territorio»

Nello specifico parliamo della Sila Piccola catanzarese. E di cosa in particolare sta avvenendo dal punto di vista turistico.
«Paradossalmente il nostro altopiano registra un gran numero di presenze nella stagione estiva e un numero minore nella stagione invernale, quando invece dovrebbe essere il contrario. Vi è stato un cambiamento di tendenza negli ultimi anni, probabilmente dovuto anche a questo cambiamento climatico che fa apprezzare una stagione mite in estate  e che fa della Sila un luogo ideale per fuggire dal forte caldo che affligge le città. Inoltre la maggior parte delle attività fruibili in Sila sono all'aperto e quindi più sfruttabili in base proprio a condizioni climatiche favorevoli, mi riferisco in particolare al trekking, ciclismo, escursioni a cavallo, in quad».


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Il riscaldamento globale ha portato sulle montagne temperature mai viste prima. Con conseguenze sull’ambiente, sull’uomo, sull’agricoltura.
«Si, purtroppo sono già anni che si stanno registrando ormai temperature primaverili, ahimè, nella stagione invernale e alte temperature in estate, come si è potuto constatare lo scorso anno con picchi di quasi 40° in Sila, mai avvertiti prima. Purtroppo tutto questo ha avuto ripercussioni anche nella filiera agroalimentare per la siccità causata con conseguente ritardo anche nella coltura degli ortaggi e in particolare della patata della Sila Igp».

Cambierà quindi anche la nostra agricoltura. Ma questo può significare nuove opportunità e nuove modelli di agricoltura. 
«Sicuramente ci troveremo ad affrontare dei periodi difficili anche per la stagionalità dei prodotti che dipenderà sempre di più dal clima, nel nostro territorio in particolare si potrebbe ricorrere alla riduzione dell'uso di energia o la sua produzione da fonti rinnovabili».

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Il Turismo potrebbe cambiare completamente faccia. Durante i mesi invernali arriveranno sempre meno gli appassionati degli sport invernali. E sarà una perdita importante.
«L'aumento delle temperature invernali implica una stagione sciistica più breve. È c’è uno spostamento della quota neve ad altitudini più elevate. Mancanza di neve comporta sicuramente una minore presenza di visitatori e ricavi ridotti, mettendo in pericolo le nostre stazioni sciistiche a bassa quota. Si potrebbe puntare sull'innevamento artificiale come d'altronde è già stato fatto quest'anno per la mancanza di neve, però, se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l'innevamento artificiale non sarà più praticabile. La neve artificiale può ridurre le perdite finanziarie dovute a occasionali inverni carenti di neve, ma non può proteggere dalle tendenze sistemiche a lungo termine verso inverni più caldi. In questo scenario sono cruciali le strategie basate sulla diversificazione delle attività e gli investimenti per ridurre la dipendenza dell'economia montana dalle condizioni della neve».

La montagna cambia completamente, così le comunità autoctone sono chiamate a individuare nuove forme di sviluppo per l’economia locale. 
«Naturalmente questi cambiamenti climatici hanno un origine antropica, a questo punto le comunità fanno fronte ad un adattamento alla situazione adottando misure adeguate per prevenire o ridurre al minimo i danni che possono causare questi ripidi cambiamenti climatici. Esempi di misure di adattamento sono modifiche infrastrutturali su larga scala, come la costruzione di difese per proteggere dall’innalzamento del livello del mare, e cambiamenti comportamentali, come la riduzione degli sprechi alimentari o pratiche energetiche di riscaldamento ecosostenibili, magari riducendo le fonti di questi gas a effetto serra (ad esempio mediante l’incremento della quota di energie rinnovabili o la creazione di un sistema di mobilità più pulito)».

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Subito dopo la pandemia, le montagne sono state prese d’assalto. Ora si potrebbero ripetere quelle scene. E non è una buona notizia, perché il turismo caotico e confusionario è del tutto irrispettoso della natura. E fa gravi danni all’ambiente. 
«In parte questo scenario si è già presentato la scorsa estate che ha visto un innalzamento delle temperature tale da portare molti turisti a scegliere mete montane pensando di trovare un clima più mite, ultimamente così non è stato poiché le temperature registrate nel luglio dello scorso anno sono state da record e hanno sfiorato i 38/40° sul nostro altopiano. Il turismo di massa aumenta l'inquinamento soprattutto dovuto all'incremento dei rifiuti della concentrazione di CO2 nell'aria».

Una soluzione va comunque trovata. Diciamo pure un’alternativa.
«Bisognerebbe approcciarsi ad uno slow tourism, una nuova filosofia di viaggio che invita i turisti a viaggiare in modo lento, consapevole e sostenibile per scoprire le destinazioni rispettandole e custodendo il valore del patrimonio e delle ricchezze che hanno da offrire in totale rispetto dell'ambiente, privilegiando mezzi di trasporto sostenibili come il treno o la bicicletta. Il viaggiare “lenti” permette di vivere la propria avventura in modo più sostenibile, in netto contrasto con i ritmi frenetici di ogni giorno e nel pieno rispetto dell’ambiente che ci circonda». 

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