L’ex commissario di Arrical torna sulla carenza idrica, e individua precise responsabilità sull’assenza di pianificazione. «Il disastro ambientale è già in atto, con due processi emblematici: l'intrusione salina e la desertificazione»
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«Quest'anno ho perso il 70% del raccolto. I miei pomodori sono morti di sete mentre aspettavo che l'acqua promessa arrivasse nei canali. Le mie tre generazioni di fatica stanno svanendo nel nulla». Le parole di Antonio Macrì, agricoltore di Isola Capo Rizzuto, raccontano la drammatica realtà quotidiana di chi vive sulla propria pelle la crisi idrica calabrese.
A riportare la testimonianza dell’agricoltore è Bruno Gualtieri, ex commissario straordinario di Arrical, l’agenzia per la gestione dell’acqua e dei rifiuti creata dalla Regione Calabria.
L’ex dirigente regionale porta nuovamente alla luce una questione annosa, la gestione della risorsa idrica. «Da sempre l'acqua è elemento vitale nella storia della Calabria: ha modellato paesaggi, sostenuto economie e nutrito comunità. Oggi questo elemento essenziale sta diventando una risorsa sempre più rara» spiega Gualtieri.
La grande sete: dove la burocrazia scorre più abbondante dell'acqua
Nello scritto ha deciso di affrontare un’altra «problematica, che incide sulla buona fede degli agricoltori, che vengono sistematicamente penalizzati da una burocrazia regionale, che perpetua una narrazione illusoria. Una "favola" rassicurante quanto pericolosa, che serve solo a prendere tempo, mentre la crisi idrica si aggrava, generando pesanti ricadute sociali.
La favoletta dell'acqua: promesse che evaporano più velocemente dei bacini idrici».
Il 2 maggio 2025, gli agricoltori della Sila Piccola cosentina hanno incontrato l'assessore all'Agricoltura Gianluca Gallo alla Cittadella Regionale ripercorre Gualtieri «che ha annunciato la disponibilità dei dirigenti regionali a risolvere le criticità segnalate. Va riconosciuto il merito al commissario del consorzio di bonifica della Calabria Giacomo Giovinazzo, che sta portando avanti un importante lavoro di riorganizzazione. Anche il dirigente generale del dipartimento Ambiente Salvatore Siviglia si è impegnato concretamente a ricevere gli agricoltori presso gli uffici di Cosenza per sbloccare le pratiche relative alle concessioni idriche.
Tuttavia, è paradossale che il dipartimento Ambiente, invece di affrontare alla radice la questione, continui a ignorare la normativa vigente — violata esclusivamente dalla nostra Regione.
«Il monitoraggio non è un'opzione, è un obbligo di legge e una necessità vitale per il territorio», afferma il prof. Marco Santini, idrogeologo dell'Università della Calabria. «Senza dati, ogni decisione sulla gestione idrica è come guidare bendati su una strada di montagna».
La Calabria è l'unica regione d'Italia senza un sistema attivo di monitoraggio delle risorse idriche
Eppure, tale monitoraggio è imprescindibile per la redazione del Piano di Tutela delle Acque (PTA), come stabilito dal Testo Unico Ambientale. Il PTA rappresenta lo strumento cardine – aggiunge ancora Gualtieri – per la pianificazione della protezione dei corpi idrici, assicurandone la qualità e promuovendone un uso sostenibile.
L'arte di navigare a vista
«L'assenza di questo strumento configura un vuoto tecnico e politico di eccezionale gravità. Senza monitoraggio è impossibile valutare lo stato delle acque e si alimenta un'anarchia negli investimenti. Si investe alla cieca, ignorando il principio di precauzione, con danni irreversibili agli ecosistemi idrici.
Navigare a vista significa rilasciare concessioni senza sapere quanta acqua sia effettivamente disponibile, rischiando di compromettere gli equilibri idrogeologici del territorio.
I fenomeni già in atto: quando l'acqua scompare
Il disastro ambientale è già in atto, con due processi emblematici: l'intrusione salina e la desertificazione. L'intrusione salina: quando si preleva più acqua di quanta se ne rigeneri, la pressione del mare avanza nei corpi idrici costieri, sostituendo l'acqua dolce con acqua salata. Le conseguenze sono devastanti: pozzi inutilizzabili, falde non potabili, terreni danneggiati, colture impossibili, biodiversità compromessa.
In alcuni comprensori del basso Ionio, questo fenomeno è già realtà. Le rilevazioni indicano un'avanzata del cuneo salino fino a 8 km dalla costa in alcune aree della piana di Sibari, con concentrazioni di cloruri nei pozzi aumentate del 300% negli ultimi dieci anni.
La desertificazione: la mancanza di dati impedisce di contrastare fenomeni gravi. Se a valle delle derivazioni non arriva acqua sufficiente, gli ecosistemi si modificano, i suoli si impoveriscono, la biodiversità si riduce e con essa la capacità produttiva. Un'agricoltura senz'acqua è destinata a morire, e con essa parte dell'economia e cultura calabrese. Il fenomeno si aggrava con i cambiamenti climatici e la siccità crescente.
Il legame con i cambiamenti climatici: una tempesta perfetta
L'emergenza idrica calabrese si inserisce nel contesto dei cambiamenti climatici globali. I dati regionali mostrano un aumento delle temperature medie di 1,2°C rispetto al periodo 1960-1990, una diminuzione delle precipitazioni del 30% con eventi concentrati, una riduzione del 40% della neve invernale sui rilievi, l’aumento del 70% dei giorni di siccità consecutivi in estate. Questi fenomeni, con una gestione inadeguata, stanno creando una "tempesta perfetta" che minaccia l'intero sistema idrico regionale.
Il conto dell'acqua: quando i numeri servono più delle chiacchiere
«Senza dati, senza una fotografia chiara delle risorse idriche, ogni tentativo di pianificazione è vano. È urgente dotare la Calabria di un bilancio idrico regionale trasparente: uno strumento tecnico e politico che orienti le scelte, stabilisca priorità e tuteli gli interessi collettivi. Questa urgenza si fa ancora più pressante alla luce delle imminenti scadenze trentennali delle concessioni per l’uso idroelettrico. Sarà inevitabile ridefinire con chiarezza le priorità d’uso della risorsa idrica: prima il fabbisogno umano, poi l'agricoltura, quindi l'industria, e solo in ultima istanza la produzione energetica. L'energia può aspettare. Prima vengono i diritti dei calabresi, la salute dei territori e la sostenibilità delle generazioni future.
Una scelta di civiltà, non solo tecnica
Gestire l’acqua non è solo una questione tecnica: è una scelta di civiltà. In fondo, si tratta di decidere se vogliamo una Calabria fertile, viva e abitata… o se preferiamo una versione deluxe del deserto, magari con qualche cartello ‘vendesi’ e un po’ di nostalgia. L’acqua è vita, il resto sono chiacchiere da convegno».