È ricordata da queste parti come la tempesta di Halloween. Dieci anni fa, nella notte tra il 31 ottobre e l’1 novembre 2015 la Locride veniva sferzata da un violento ciclone. Interi paesi rimasero isolati, senza né luce e gas, crollarono ponti e strade, abitazioni invase da fango, difficoltà nei collegamenti, acqua potabile e servizi essenziali compromessi. Le precipitazioni furono eccezionalmente intense: si parla di accumuli che in alcune zone hanno superato 600 mm in poco più di 48 ore. L’immagine simbolo che più di altre è rimasta impressa nella memoria di molti è il binario della ferrovia ionica all’altezza di Marinella di Ferruzzano sospeso nel vuoto travolto dalla furia delle acque.

Tuttavia se le squadre del Genio Militare inviate dal Ministero della Difesa assicurarono un rapido ritorno alla normalità con il ripristino in tempo record della strada ferrata ionica, non è invece bastato lo stesso tempo all’Anas per ricostruire il Ponte Allaro a Caulonia Marina, il cui cedimento causato dalla piena del fiume ha paralizzato per diverso tempo il traffico sulla ionica, nonostante le promesse dell’allora Ministro alle Infrastrutture Graziano del Rio, che insieme al capo della protezione civile Curcio sorvolò le zone colpite garantendo tempi rapidi per il ripristino del tratto stradale.

Per rivedere 200 metri di ponte ricostruito e costato 5 milioni di euro sono serviti cinque anni. In mezzo un percorso alternativo su strade groviera, un senso unico alternato regolato da due semaforo e un guado alternativo e provvisorio alla statale, realizzato in tempo record per ridurre al minimo i disagi della circolazione stradale tra le province di Reggio e Catanzaro.

Nell’antica Castelvetere i segni di quella drammatica notte sono visibili ancora oggi. Fino a 10 anni fa era uno dei posti più suggestivi del centro storico, un affaccio mozzafiato sulla vallata dell’Amusa e su uno spicchio di costa ionica, impreziosita da una chiesa del Settecento, costruita su ciò che restava di un antico convento agostiniano. Il quartiere Maietta, parte dell’antico borgo noto come “Giudecca”, è da allora vittima di un dissesto idrogeologico cronico. La zona è off limits ad auto e pedoni. Le case, o quello che resta, sono state tutte sgomberate. La chiesa, interessata da paralleli lavori di restauro, è chiusa al culto.

Monitoraggi geologici e sensori sono stati attivati sin dal 2017 per tracciare i movimenti del terreno, mentre tavoli tecnici e sopralluoghi con la Protezione Civile e la Regione (con Carlo Tansi, Oliverio e altri attori istituzionali) negli anni hanno definito strategie per interventi urgenti e a medio-lungo termine. Malgrado i finanziamenti (quasi 2 milioni di euro stanziati dalla Regione nel 2018) e interventi provvisori, i lavori hanno subito diverse battute di arresto con accuse reciproche tra amministrazione comunale e opposizione su ritardi, fallimenti e stallo gestionale.