Storie da raccontare

Giuseppe e Manuela illuminano Petilia, sono l’esempio della Calabria che non si arrende

I coniugi dopo aver girato il mondo hanno deciso di tornare nel loro paese di origine. Riempiono i vicoli di colori e stanno realizzando una libreria. La cosa più triste: «Vedere i giovani partire...»

di Franco Laratta
12 agosto 2023
17:30

Giuseppe ha girato il mondo, ha studiato a Firenze, a Milano, a Berlino, a Tokio, le sue opere sono apparse nei tg locali e nazionali, ha vinto premi internazionali. Poi qualche anno fa è tornato a Petilia Policastro, il suo paese, che lui stesso ha rappresentato in un grande murales.

Giuseppe e la moglie Manuela hanno scelto di tornare, tornare per restare, restare per coltivare bellezza. Si occupano dei bambini e degli anziani, riempiono i vicoli di colori e di murales, stanno realizzando una libreria con i libri che arrivano da tutta Italia. Ci stanno mettendo tutto il loro tempo, la loro pazienza, senza risorse finanziarie a disposizione, mettendoci perfino i loro soldi per raggiungere l’obiettivo di fare di questo piccolo paese un punto di riferimento della Calabria che non si arrende. E loro non si sono mai arresi. Sono anni che combattono per questo, sono anni e non si sono mai fermati. E nonostante la notorietà del momento, sanno benissimo che il peso di quello che faranno cadrà sempre sulle loro spalle.


Ma chi è Giuseppe Caruso? Perché è tornato in questo sperduto paese del profondo crotonese? «Petilia è il mio paese. Qui ci sono nato, qui ho la mia famiglia, qui ho i miei amici, qui ho le mie storie. Tutto è nato in questo piccolo paese. Mio nonno mi raccontava le storie più belle in montagna con luce di una candela. Si soffiava sulla fiamma, si spegnevano le luci e si iniziava a sognare. Cose semplici, cose belle. Il mio paese è proprio là dove passano le nuvole più belle».

La piccola libreria, i murales, la casa in dono, le donazioni, i giochi. Ed è subito un piccolo fenomeno mediatico. Tutti ora parlano di Petilia e di quello che fanno Giuseppe e Manuela. Tutto in qualche settimana è esploso, grazie ad un articolo. «Con mia moglie lavoriamo in silenzio, con il sorriso e con l'aiuto di tanti bambini e genitori. Ma da circa un mese è esploso tutto. Merito dei giornalisti che raccontano le cose belle, merito del sorriso dei nostri amati ragazzi, merito di una comunità, quella di Petilia Policastro che ama e sa amare, che non lascia dietro nessuno, sempre pronta ad aiutare tutti. Per fare grandi progetti c'è sempre bisogno dell'aiuto di tutti».

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C'è chi dice che non c’è niente nei piccoli paesi, ma guardando la vita come scorre velocemente, forse abbiamo tutto e non ce ne rendiamo conto. «Ti rispondo con i numeri. Ho una paginetta Facebook in cui racconto tante cose. Mensilmente mi seguono circa 1,3 milioni di persone. Ogni anno andiamo a Londra dove portiamo i nostri ragazzi. Gli studenti del corso di inglese di mia moglie. Pensavo, sicuramente a Londra mostrerò il Big Ban, i grattacieli, gli autobus rossi a due piani, la mia pagina salirà ancor di più. In 15 giorni ho avuto invece in calo di circa il 40 percento. La mia pagina non era più seguita come al solito. Tutto con numeri alla mano. Sono ritornato al mio paese e in 15 giorni la mia pagina di nuovo ha raggiunto gli alti numeri».

Forse perché alla gente piacciono le cose semplici della vita. Le cose belle e positive. «La gente è stufa dei grattacieli, del caos della città, della frenetica vita dei grandi centri. Alla gente piacerebbe vedere il cielo e sentire tutte le mattine alle 5 il gallo che canta invece delle ambulanze o del traffico. La gente ama vedere il sole al mattino al posto dello smog. Qui nei piccoli paesi, abbiamo tutto e spesso non ce ne rendiamo conto».

Centinaia di libri arrivano in dono da tutta Italia per la vostra libreria. Da Genova è arrivato un pacchettino di libri da parte della signora Serafina. Con una toccante lettera scritta a mano. E c’è un bellissima frase: “C'è una crepa in ogni cosa, ed è da lì che entra la luce, e voi siete quella crepa". Giuseppe e Manuela state illuminando Petilia. Lanciando un potente segnale di speranza per tutta la Calabria
«È nato tutto per gioco e per l'amore verso i nostri studenti. Andavamo a Bologna dove c'era un'anziana signora che mise i libri del defunto marito a disposizione di tutti. Mia moglie legge tantissimo, io scrivi tantissimo. Siamo opposti anche in questo. Ma gli opposti come ci insegna la fisica si attraggono. Insomma portavamo i nostri libri in aereo a questa dolce signora. Lei non sapeva che andavamo da Crotone a Bologna per salutare i nostro bellissimi nipoti e per portarle dei libri. Un giorno un'alunna piccolina di Manuela disse: maestra io non ho mai visto una libreria. Di fronte a queste parole non puoi che scioglierti come neve al sole. Per cui, visto che ci avevano regalato una casetta nel centro storico, proprio di fronte la scuola di inglese, ci siamo rimboccati le maniche e l'idea di mia moglie dopo più di un anno di lavoro, tra bollette rateizzate, stipendi che abbiamo utilizzato per il nostro progetto, insomma dopo un anno e un pò di sacrifici e molti sorrisi, la nostra libreria libera, ‘Libri Liberi’, oramai è un piccolo raggio di sole».

Scriveva Cesare Paese: "Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".
Ma i nostri piccoli centri stanno morendo. I giovani stanno scappando tutti via. Nell’indifferenza generale.
«Da quando siamo tornati a Petilia parlo con tutti. Parlo con i miei disegni. E parlo con i bambini, con tanti anziani. Molti stanno morendo. Dicono che quando muore un anziano muore una biblioteca. Dio sa se tutto questo è vero. L'altra volta zia Felice, mi ha detto: Giuseppe, ho tre figli e tutti sono fuori. Darei tutto per averne uno qui con me».

Sono parole forti. Sono parole di una mamma. «Sì, sono parole di una mamma che vorrebbe i propri figli per ridere, per piacere, per parlare, per stare con i propri nipoti. Ma noi calabresi purtroppo siamo abituati alle partenze. Abbiamo una terra bella, ma una terra sfortunata. Ci vorrebbe solo un po' di lavoro. Ma è da forse 100 anni se non di più che la nostra terra vive di questa situazione».

Questo è veramente molto triste. «In 12 anni ho visto molti miei amici partire, molti giovani non ritornare. Mi piange il cuore quando una sola persona lascia il mio paese. Qui una persona è un amico, un compaesano con cui scambiare tanto. Quando qualcuno se ne va non ritornerà mai più. Basterebbe un posto di lavoro. Mi piange il cuore vedere la gente andar via. Ma purtroppo è una triste realtà».
Un po’ di tristezza. Ma dopo qualche secondo torna il sorriso sulle volto di Giuseppe, insieme al suo contagioso entusiasmo e alla sua voglia di combattere. Con la moglie formano una formidabile coppia che sta donando tutta sé stessa per lanciare un messaggio di speranza da Petilia verso tutta la Calabria.

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