La storia, a volte, si scrive con voti che non fanno rumore, ma che segnano profondamente il senso di una direzione politica. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha compiuto un passo epocale adottando un nuovo accordo pandemico, un patto multilaterale che mira a preparare il mondo alle prossime emergenze sanitarie globali. A votare a favore, 124 Paesi. Astenuti: solo undici, tra cui l’Italia.
L’accordo — frutto di anni di negoziati, esperienze condivise e dolorose lezioni apprese durante la pandemia di Covid -19 — stabilisce linee guida comuni su condivisione di dati, accesso ai vaccini, coordinamento delle risposte sanitarie e trasparenza internazionale. Non è un documento perfetto, ma è un manifesto di volontà politica e di responsabilità collettiva. È la consapevolezza che nessun Paese può salvarsi da solo, che la salute pubblica richiede un’alleanza tra popoli, scienza e istituzioni.

Che l’Italia abbia scelto di non sostenere questo sforzo comune è un fatto grave. Ma è ancora più allarmante il gruppo con cui ha condiviso l’astensione: Russia, Iran, Bulgaria, Polonia, Israele, Romania, Paraguay, Guatemala, Giamaica, Slovacchia. Una lista che non rappresenta un fronte compatto, ma che ha in comune un’incapacità — o un rifiuto — di accettare logiche di cooperazione globale. Tra regimi autoritari, nazioni in crisi istituzionale o democrazie incerte, si inserisce l’Italia, ex Paese fondatore dell’Unione Europea, ora spettatrice impaurita dell’integrazione internazionale.

È difficile non leggere in questa astensione una volontà politica precisa: quella di disallinearsi da un mondo che costruisce, per rifugiarsi in un sovranismo sterile che non protegge ma isola. Invece di stare dalla parte di chi innova, investe, anticipa le crisi — come Francia, Germania, Canada, Brasile, Sudafrica, Giappone — l’Italia si accoda a Paesi che spesso negano i dati scientifici, ostacolano i diritti umani e si chiudono alla collaborazione.

Eppure l’Oms, con tutti i suoi limiti, rappresenta ancora oggi l’unico organismo capace di coordinare risposte sanitarie globali. La sua azione durante la pandemia ha salvato milioni di vite, fornendo strumenti di tracciamento, linee guida terapeutiche, vaccini ai Paesi poveri. Il nuovo accordo rafforza questi meccanismi e li rende più giusti e tempestivi. È l’inizio di una sanità pubblica globale più preparata e meno diseguale.

Chi ha votato a favore ha scelto la responsabilità. Chi si è astenuto ha scelto l’ambiguità. E in tempi in cui i virus non rispettano confini, essere ambigui è pericoloso quanto essere assenti.
L’Italia dovrà spiegare, prima o poi, le ragioni di questa posizione. Ma soprattutto dovrà spiegare ai suoi cittadini perché ha voltato le spalle a un futuro che si sta costruendo ora, in un mondo che sa — più di quanto sapesse cinque anni fa — che la prossima crisi sanitaria non è una possibilità, ma una certezza.

E quando arriverà, la vera domanda sarà: con chi vogliamo affrontarla? Con chi si è preparato, o con chi ha scelto di restare indietro?