Fabrizio Corona non ha bisogno di telecamere per rimanere al centro della scena: gli basta uno smartphone, un canale Telegram e un’abilità consumata nel trasformare la vita privata degli altri in spettacolo. Questa volta, però, il copione potrebbe costargli caro, fino a 3 anni di carcere (o qualcosina di più visti i precedenti). Dopo l’avvocata Annamaria Bernardini de Pace, anche Raoul Bova ha deciso di querelarlo.

Il motivo? La diffusione dei messaggi privati tra l’attore e la modella Martina Ceretti, accompagnata da commenti che, secondo la querela depositata dall’avvocato David Leggi, travalicano il semplice gossip per sconfinare nella «diffamazione» e nell’«illecita diffusione di dati personali». Un’accusa grave, prevista dalla normativa sulla privacy, che scatta quando la divulgazione avviene con lo scopo di danneggiare e, allo stesso tempo, di ottenere un vantaggio economico.

Corona, del resto, non ha fatto mistero del suo obiettivo. Sul suo canale Telegram, ha presentato il vocale di Bova con un titolo che invitava alla derisione e ha chiesto ai follower di condividerlo: «Condividetelo con i vostri amici raga, così normalizziamo un po’ questo VIP». Un invito che, agli occhi dei legali dell’attore, trasforma lo “scoop” in una vera e propria campagna di scherno organizzata, funzionale a generare visualizzazioni. E quindi denaro.

La querela sottolinea come i canali social di Corona siano a pagamento e collegati a piattaforme con pubblicità, dove più cresce il traffico, più aumenta il ritorno economico. Un meccanismo che trasforma i messaggi privati in carburante per il business del fango digitale. La definizione scelta dal legale di Bova è durissima: «Condotta scellerata».

Il danno, secondo l’attore, è evidente: i messaggi sono diventati virali, rimbalzando tra social e chat private, mentre i commenti ironici alimentavano la narrazione di un attore ridicolizzato. Un’esposizione che non si limita a colpire la sfera privata, ma che incide anche sull’immagine professionale.

Questa vicenda, peraltro, non si esaurisce nel perimetro del gossip. La Procura di Roma, con il procuratore aggiunto Giovanni Conzo e la pm Eliana Dolce, sta indagando anche su un presunto tentativo di ricatto ai danni di Bova. Secondo l’ipotesi accusatoria, la modella e il suo amico Federico Monzino avrebbero cercato di ottenere denaro per evitare la consegna dei messaggi a Corona. L’attore si è rifiutato e, puntualmente, il materiale è finito online.

A completare il quadro ci sono gli attacchi a Bernardini de Pace, accusata da Corona di avere “tradito” l’ex genero e di avergli mentito su date e relazioni. Lei ha già smentito tutto e querelato a sua volta. Anche in quel caso, il fotografo ha diffuso un audio che l’avvocata contesta in ogni parte.

Corona continua così la sua parabola social: ex protagonista del gossip da edicola, oggi alimenta il proprio seguito digitale con episodi di cronaca personale altrui, confezionati come se fossero rivelazioni imperdibili. Ma ogni click ha un prezzo, e questa volta potrebbe essere più alto di una semplice campagna di abbonamenti.

Per Bova, la misura è colma. La querela parla di frasi «infondate, umilianti e ingiustificatamente aggressive», rivolte a una platea di milioni di follower. Ora la partita si sposta nelle aule giudiziarie, dove i like non valgono come attenuanti. E dove il rischio di finire in galera, come Corona ben sa, è più reale di un post su instagram.