Il presidente dell’Autorità rilancia le preoccupazioni per la deriva del Paese: «La corruzione è globale, digitale e più subdola. L’Italia fa passi indietro. I vuoti normativi dopo l’abrogazione dell’abuso d’ufficio sono preoccupanti»
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ROMA - Presentazione del programma di adeguamento sismico e ricostruzione di tutte le scuole danneggiate nel sisma del 2016 nella foto Giuseppe BUSIA - Presidente ANAC
«Quando le opere sono di tale entità, con investimenti così ingenti, occorre aumentare tutele e garanzie. Di certo non ridurle». Giuseppe Busia, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), mette in guardia sui rischi connessi alla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Il faro dev’essere acceso su tutta la filiera degli appalti, spiega, comprese le imprese coinvolte nei subappalti a cascata: «È lì che le mafie cercano di infiltrarsi».
Busia, in un’intervista alla Stampa che tocca i nodi della corruzione contemporanea, chiarisce che vietare i subappalti non è possibile per via della normativa europea, ma si possono introdurre limitazioni nei casi in cui è necessario garantire qualità e specializzazione. E il Ponte rientra a pieno titolo tra questi. Serve anche la digitalizzazione di tutte le fasi, dalla progettazione al cantiere, per ridurre varianti, monitorare gli accessi e rafforzare la sicurezza sul lavoro: «Troppi incidenti, troppi morti. Occorre fare di più».
Corruzione: non solo tangenti, ma criptovalute e triangolazioni
La corruzione, dice Busia, non è più solo una questione di mazzette. È diventata sofisticata, globale, digitale. «Oggi si serve di tecnologia, criptovalute, triangolazioni internazionali tra Stati. È più subdola, e in certi casi mira non solo a influenzare le decisioni amministrative, ma addirittura a incidere sulla funzione normativa». Le tangenti non sono scomparse, ma si affiancano a metodi molto più difficili da individuare.
Il problema, quindi, non è solo italiano. Tutt’altro. Busia richiama l’attenzione su decisioni preoccupanti prese negli Stati Uniti: «Trump ha sospeso, tra gli altri, anche l’applicazione della prima legge sulla corruzione internazionale. Un paradigma per tutta la normativa successiva». L’Europa, però, potrebbe colmare questo vuoto e assumere un ruolo di guida.
L’Europa può diventare un modello, ma serve una svolta
Per assumere una leadership credibile nella lotta alla corruzione, spiega Busia, l’Unione europea deve approvare rapidamente la direttiva anticorruzione. «È l’occasione per dimostrare che l’Europa non è solo un’area di libertà economica, ma anche di diritti e democrazia». E un contesto regolato attira investimenti: «I grandi fondi internazionali vogliono certezze. Investono solo in tessuti economici sani».
Italia in retromarcia: persi dieci posti nell’indice di Transparency
Sul piano interno, però, la situazione peggiora. Dopo anni di miglioramento, l’Italia è scesa dal 42° al 52° posto nell’indice mondiale di percezione della corruzione di Transparency International. È 19ª tra i 27 Paesi Ue. Un segnale allarmante, secondo Busia: «La corruzione percepita misura la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. E da noi questa fiducia sta calando», riferisce ancora a La Stampa.
I motivi della retrocessione sono molteplici. Tra questi, il presidente dell’Anac indica l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, che ha creato vuoti di tutela. «Si era detto che sarebbero state rafforzate le misure amministrative, ma non è stato fatto». In più, è stata cancellata la norma che vietava la nomina diretta in società partecipate di assessori o consiglieri comunali, anche nel caso di società create ad hoc. «E con una recente riforma, ora è possibile ricoprire allo stesso tempo ruoli politici e dirigenziali nello stesso ente. Salta la distinzione tra controllore e controllato, con evidenti conflitti di interesse».
Abuso d’ufficio, appalti truccati e nuovi paradossi giuridici
L’abolizione dell’abuso d’ufficio, sottolinea Busia, sta già producendo effetti concreti. «C’è stata un’archiviazione per un amministratore che aveva assegnato una casa popolare a un amico anziché a chi ne aveva diritto». E aumentano i paradossi. Chi trucca una gara è punibile per turbativa d’asta. Ma se lo stesso soggetto assegna direttamente un contratto, eludendo ogni procedura e senza nemmeno simulare una gara, oggi non rischia alcuna sanzione penale.