Nella guerra dell’oro verde, si apre un nuovo fronte. Una battaglia più tecnica che mira a stoppare l’Igp in punta di diritto. Gli opponenti, sostenitori dell’estensione della Dop, richiamano alle violazioni della normativa vigente, denunciando vizi di metodo e di merito nella gestione dell’iter procedurale
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La guerra sul bergamotto di Reggio Calabria prosegue senza esclusione di colpi e si sposta su un versante più tecnico che riguarda la domanda di registrazione del Disciplinare di produzione presentata dal “Comitato promotore per il Bergamotto di Reggio Calabria Igp” e la sua tutela e valorizzazione (ATS) per la registrazione dell’indicazione geografica protetta “Bergamotto di Reggio Calabria”.
È di queste ore la notizia che a tale registrazione si sono opposti, da una parte, l’azienda reggina Foti e, dall’altra, la triade composta da Consorzio di Tutela del Bergamotto di Reggio Calabria con Ezio Pizzi, Coldiretti con Gino Vulcano e Confagricoltura con Giuseppe Canale. Due atti differenti presentati tra il 13 e il 14 novembre 2025 al Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste e alla sua Direzione generale per la Promozione della Qualità Agroalimentare.
I due atti seguono una sentenza del Tar Lazio che, lo scorso marzo, aveva accolto il ricorso presentato dal Consorzio del Bergamotto sull’illegittimità del silenzio-inadempimento del Ministero dell’Agricoltura circa la richiesta di riavvio e conclusione dell’istruttoria per la modifica del Disciplinare DOP “Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale” e la sua estensione alla tutela del frutto. Di fronte a un Ministero che sosteneva che il Consorzio avrebbe dovuto attendere l’esito dell’iter per l’Igp avviato nel 2021 onde evitare un profilo di incompatibilità con la richiesta avanzata, il Tar era intervenuto dando ragione al Consorzio e disponendo che il Masaf provvedesse, entro 90 giorni, a riattivare il procedimento promosso dal Consorzio nell’agosto 2023 su cui, a settembre successivo, anche la Regione aveva dato parere favorevole. E di contro revocando a fine febbraio 2024 l’appoggio all’Igp.
Tra botta e risposta e a fronte delle reticenze del Masaf a portare avanti l’istanza di estensione della Dop, il Consorzio, in ragione della sentenza del Tar, aveva chiesto lo scorso ottobre la nomina di un commissario ad acta con una domanda giudiziale la cui udienza è fissata per il prossimo 15 dicembre. Due giorni dopo, il 7 ottobre 2025, il Masaf, a conclusione dell’istruttoria, rilevava che il Comitato promotore dell’Igp fosse il soggetto che rappresentava il maggior numero di imprese aderenti – 25 - rispetto alle 21 rilevate per il Consorzio, nonostante il 5 giugno 2025, lo stesso Consorzio avesse inviato un elenco che attestava 54 imprese iscritte e attestate come tali da una nota dello stesso Ministero del successivo 26 giugno. Il 14 ottobre, allora, ne era scaturita una richiesta di accesso agli atti avanzata dal Consorzio. Richiesta, quest’ultima, tutt’ora inevasa. E a cui, il 16 ottobre, era seguita la pubblicazione del Disciplinare di produzione del Bergamotto di Reggio Calabria IGP.
Ora un nuovo colpo di scena che sposta la battaglia tra Unionberg, anima del Consorzio che raggruppa 527 produttori schierati a favore della Dop, e Bergamia, cuore del Comitato promotore Igp con 500 aziende, su un versante più tecnico: quello legato al merito del dossier presentato dalla cordata Igp contro cui si schiera un fronte ormai molto ampio che richiama la tutela del proprio interesse legittimo, tra produttori diretti e associazioni di categoria.
Le opposizioni presentate sottolineano «vizi di legittimità e di merito», specificamente legate al rispetto della normativa contenuta nei Regolamenti UE 1151/2012 e 1143/2024. In particolare, l’opposizione dei Fratelli Foti richiama quella del Consorzio che già sottolineava come la relazione tecnica allegata al Disciplinare Igp contenesse importanti lacune tecnico scientifiche e sottolinea «una serie di difetti ed errori che affliggono il disciplinare» e che inficerebbero la sua registrazione. Si va dall’inadeguatezza della descrizione del prodotto Igp rispetto alle prescrizioni di legge, alla mancanza dell’indicazione dei portainnesti e alle contraddizioni presenti nell’indicazione delle modalità colturali e della densità di impianto. Viene poi ribadita la genericità e «inadeguatezza» della relazione tecnica allegata alla domanda di registrazione e si sottolinea la violazione dell’art. 6 c. 5 del Regolamento UE 1151/2012 che vieta qualsiasi casistica di omonimia tra marchi registrati e in fase di registrazione, come accadrebbe nel caso di specie che prevederebbe la replica della dicitura “Bergamotto di Reggio Calabria”. Questo onde evitare di trarre in inganno il consumatore portato a pensare che si tratti di prodotti che hanno le stesse caratteristiche biochimiche e fisiche e identiche proprietà naturalistiche, salutistiche e organolettiche.
Così invece non sarebbe, perché il Disciplinare del marchio Igp amplierebbe in base ai dati riportati nella relazione tecnica l’area attualmente vocata, Un bergamotto il cui marchio Igp si fonderebbe quindi sul criterio della reputazione e non su quello dell’unicità. Un punto che invece il Consorzio pone al primo posto perché in grado di contraddistinguere una pianta con irripetibili caratteristiche in ragione dell’originario luogo in cui viene coltivata. Un’area che non può comprendere la Piana di Gioia Tauro, la Sibaritide, Basilicata, Puglia e Sicilia. Il dubbio è che l’Igp punti a trattare come Bergamotto di Reggio Calabria una qualsiasi altra coltura della stessa famiglia, proveniente anche al di fuori di quella che dovrebbe essere l’area vocata, ma che potrebbe poi esservi semplicemente lavorata e trasformata. Un comparto in cui già la Calabria è leader con oltre il 90% della produzione mondiale e che potrebbe aumentare la propria capacità produttiva proprio sfruttando il marchio.
Il dado è tratto e, da un veloce calcolo delle tempistiche, l’arrocco durerà fino ad aprile. Si attendono le prossime mosse.

