Ogni anno chi studia o lavora fuori e vuole tornare nella sua terra per le vacanze deve affrontare costi esorbitanti o lunghe tratte pur di risparmiare qualcosa. Ad attenderli però ci sono gli affetti e i luoghi di sempre
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Un viaggio che ogni anno si ripete, tra rincari e malinconie. Per migliaia di
studenti fuorised e, il ritorno estivo a casa è una parentesi necessaria, ma mai semplice. Un momento che unisce fatica e desiderio, in cui il peso dello zaino si accompagna alla leggerezza del ritrovarsi.Il prezzo del ritorno
Ogni estate, per chi vive e studia lontano, arriva il momento in cui si torna a casa. È un rito lento, a tratti faticoso, ma profondamente radicato in ognuno di noi. C'è chi parte da Roma, chi da Napoli, chi da Bologna o Milano. Alcuni salgono su treni affollati, altri affrontano ore di autobus per risparmiare qualcosa. Io, ad esempio, per tornare in Calabria prendo il pullman: sette ore di viaggio, con partenza notturna e arrivo alle prime luci dell’alba, e almeno 30 o 40 euro a tratta, se va bene. Se decidessi di prendere il treno, il costo raddoppierebbe, se non triplicherebbe, rendendo ogni andata e ritorno un lusso.
Eppure, ogni volta che torno, ogni volta che l’asfalto dell'autostrada si piega tra le curve del Pollino e si affaccia sulla mia terra, so che ne vale la pena. Nonostante tutto. Nonostante la stanchezza, la valigia pesante, il caldo e l’incertezza del ritorno. Il viaggio è lungo, i tempi sono imprevedibili, le coincidenze spesso mancano. Ma in fondo, cosa importa? L’arrivo vale ogni fatica.
Una terra che accoglie
Non è solo una questione di chilometri, è qualcosa di più profondo. Il ritorno a casa è fatto di piccoli riti e gesti familiari: il caffè preparato dalla mamma con la tazzina preferita, una cena improvvisata con gli amici di sempre, una passeggiata in piazza dove tutto cambia eppure resta uguale. Ritrovare le facce note, i sorrisi senza filtro, le conversazioni interrotte mesi prima e riprese senza sforzo.
E poi ci sono le serate in Sila. Quei momenti che valgono oro. Stare in riva a uno dei suoi laghi, ascoltare il fruscio degli alberi altissimi, sentire il fresco che arriva all’improvviso mentre il cielo si colora di rosa e blu. È un’esperienza che non cambierei con nulla al mondo. In quei silenzi, in quell’ombra gentile che filtra tra i rami, riscopro la verità più semplice e più potente: la vita è fatta di poco. Di semplicità, di respiro, di presenza. E questa semplicità è tutto ciò che serve. Nessun beach club esclusivo, nessun lettino da mille euro al giorno potrà mai eguagliare la bellezza pura di quei momenti vissuti tra le montagne e i laghi della mia infanzia.
Anche un pomeriggio in paese, con il bar della piazza, le chiacchiere dei pensionati e i bambini che giocano, ha un valore inestimabile. Lì riscopri la dimensione umana delle cose, quella lentezza che altrove si è persa.
L’altra faccia dell’estate
Tornare a casa, tuttavia, ha un prezzo. Non solo quello emotivo del distacco e del ritorno, ma anche quello concreto dei rincari. L’estate 2025 ha visto aumenti su più fronti: i trasporti sono sempre più cari, e affittare una stanza in città universitarie come Roma, Bologna o Milano sta diventando proibitivo. Secondo i dati più recenti, i costi per mantenere un figlio fuorisede tra affitto, utenze, cibo, libri e spostamenti possono superare facilmente i mille euro al mese. Una cifra che pesa, e non poco, sui bilanci familiari.
A ciò si aggiungono le difficoltà nel trovare casa a settembre, quando la domanda esplode e i prezzi lievitano. Le famiglie sono in difficoltà, e molti studenti devono cercare soluzioni alternative, ricorrere a bonus affitti, cercare appartamenti condivisi, o tornare a casa più spesso per alleggerire le spese. I tempi stringono e i posti migliori si esauriscono presto. Anche gli affitti brevi aumentano, mentre i servizi non sempre migliorano.
Chi lavora d’estate per sostenersi durante l’anno affronta un’ulteriore sfida: stipendi bassi, turni estenuanti e contratti precari. Così il ritorno a casa diventa anche una tregua, una possibilità di risparmio prima di ripartire per un altro anno in salita.
Il valore delle radici
Tornare, però, non è solo una strategia economica: è un modo per ricaricare, per ritrovare forza, per sentirsi interi. È una necessità prima che una scelta. Perché tra tutte le complicazioni della vita da fuorisede, tra le corse per i mezzi, le sessioni d’esame e i conti da far quadrare, una cosa rimane certa: si può vivere lontano, ma si ama sempre, profondamente, la propria terra. E questo amore, fatto di radici e nostalgia, diventa ogni volta il motore silenzioso che ci spinge a tornare.
Tornare è un modo per ricordarci chi siamo, da dove veniamo, e perché lottiamo ogni giorno per costruire qualcosa. È una forma di resistenza e di affetto, un piccolo atto rivoluzionario che, nonostante i prezzi e le distanze, ci ricorda che un posto nel mondo ce l’abbiamo. Ed è proprio lì, dove tutto è cominciato.