Il docente dell’Università Magna Graecia di Catanzaro avverte: «La steatosi epatica è una miccia metabolica sottovalutata. La Dieta Mediterranea riduce il grasso e offre una doppia protezione»
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Ludovico Abenavoli è Professore associato all’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro e Direttore della Scuola di Specializzazione in Malattie dell’Apparato Digerente. Formatosi tra l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, il Policlinico Gemelli e l’Università di Medicina e Farmacia “Iuliu Hațieganu”, è oggi uno dei riferimenti nel campo della gastroenterologia e dell’epatologia. Con lui parliamo di fegato grasso, prevenzione cardiovascolare e del ruolo decisivo della Dieta Mediterranea nella tutela della salute. Lo abbiamo intervistato.
Professore Abenavoli, perché oggi molti infarti riguardano persone senza eventi precedenti e che rapporto c’è con il fegato grasso?
«Negli ultimi anni stiamo osservando con sempre maggiore evidenza che la prevenzione cardiologica non può più limitarsi ai pazienti “post-infarto”. Una larga fetta di eventi acuti, come infarti e ictus, avviene in persone che non avevano mai manifestato malattie cardiovascolari note. In questo contesto, emerge come sia fondamentale considerare il ruolo di condizioni metaboliche “silenti” ed in particolare la steatosi epatica non alcolica, anche conosciuta come “fegato grasso”. Studi recenti riportano che la presenza di fegato grasso è associata a un rischio aumentato di malattie cardiovascolari, indipendentemente da altri fattori tradizionali. Pertanto, intervenire precocemente anche su soggetti “asintomatici” significa attenzionare il metabolismo nel suo complesso, valutando il fegato, il grasso viscerale e la resistenza insulinica, non solo il colesterolo ed il peso».
Quanto conta la steatosi epatica, anche in assenza di obesità evidente, come fattore di rischio per il cuore?
«Molto, e purtroppo spesso sottovalutata. La steatosi epatica non alcolica può essere presente anche in persone che non appaiono obese “visibilmente”: esiste una forma di fegato grasso anche in soggetti magri. Questo accumulo di trigliceridi epatico non è innocuo. Il fegato, organo centrale per il metabolismo dei grassi e dei carboidrati, quando “ingrassato”, può dare luogo a infiammazione cronica, disfunzioni metaboliche, peggior controllo del colesterolo e dei trigliceridi, insulino-resistenza e aumentato stress ossidativo. Anche se non tutti i casi di steatosi evolvono in cirrosi o malattie epatiche gravi, il fatto che il fegato grasso faccia da miccia metabolica rende questo aspetto un target critico per la prevenzione cardiometabolica e cardiovascolare».
Può la Dieta Mediterranea giocare un ruolo chiave nella prevenzione del fegato grasso e quindi indirettamente nella protezione del cuore?
«Assolutamente sì. Un numero crescente di evidenze indica che la Dieta Mediterranea è la strategia nutrizionale più efficace per prevenire e gestire la steatosi epatica. Questo regime alimentare, ricco di frutta, verdura, legumi, cereali integrali, pesce, olio extravergine di oliva e povero di grassi saturi, carni rosse e zuccheri semplici, riduce significativamente l’accumulo di grasso epatico, migliora la sensibilità insulinica e favorisce un profilo lipidico più sano. Non solo, numerosi studi osservazionali e trial indicano che l’adesione alla dieta Mediterranea abbassa il rischio di malattie cardiovascolari, anche in presenza di condizioni metaboliche sfavorevoli. In altre parole attraverso la salute del fegato e la regolazione del metabolismo lipidico-glucidico, la dieta Mediterranea offre una doppia protezione sia a livello epatico che cardiovascolare».
Alla luce delle nuove terapie anti-obesità e anti-colesterolo, qual è il peso concreto di dieta e interventi sul fegato grasso nella prevenzione combinata?
«Le nuove terapie rappresentano strumenti molto potenti, ma non devono essere viste come alternative esclusiva alla strategia nutrizionale e di stile di vita. Anzi la loro efficacia è massimizzata se integrate in un contesto di sana alimentazione, controllo del peso e gestione del metabolismo epatico. Ridurre il grasso corporeo, perdere peso, migliorare l’insulino-resistenza e la composizione corporea, è il primo passo ma fondamentale passo per conseguire un migliore stato di salute. La dieta ed in primis quella Mediterranea, gioca un ruolo fondamentale. Dopo aver stabilizzato il metabolismo, le terapie farmacologiche possono intervenire come asso nella manica per chi non riesce a raggiungere una riduzione di peso con la sola dieta, o che presenta molteplici fattori di rischio. Inoltre, gestire la steatosi epatica può significare ridurre l’infiammazione sistemica, il terreno su cui si costruisce l’aterosclerosi,rendendo più facile ottenere benefici anche da statine o dalle nuove pillole anti-colesterolo».
Quali strategie combinate quali dieta e stile di vita, propone per ridurre davvero il rischio cardiovascolare nelle persone a rischio, anche senza eventi?
«Sulla base delle più recenti linee guida internazionali sull’argomento, sicuramente utile è un modello di prevenzione integrata, che attraverso uno screening metabolico attivo studi non solo il metabolismo glucidico e lipidico, ma che valuti anche il fegato e la sua funzionalitàspecialmente in soggetti con sovrappeso e obesi. Inoltre, anche attraverso campagne mediatiche va favorita l’educazione alimentare e l’adesione ad un regime alimentare di stampo Mediterraneo, accompagnandolo con un forte stimolo a svolgere un’attività fisica regolare al fine di aumentare il dispendio energetico, migliorare il metabolismo e contrastare l’accumulo di grasso epatico e viscerale».
E per finire?
«Infine, in presenza di obesità, steatosi epatica significativa, elevato rischio cardiovascolare o incapacità a raggiungere un adeguato calo ponderale, è utile considerare le nuove terapie farmacologiche antiobesità, o nuovi farmaci per abbassare il colesterolo, come complemento ad una strategia globale. Questo approccio multidimensionale rappresenta oggi la frontiera più efficace di prevenzione primaria».

