Sono 500mila le ragazze i ragazzi arrivati a Roma da tutto il mondo per una settimana di preghiera che si concluderà con la messa di domenica prossima sulla spianata di Tor Vergata. A loro si rivolge l’arcivescovo di Cosenza Bisignano: «La fede è un’esperienza da vivere in comunione»
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Cosa vanno a fare tutti questi giovani a Roma? A celebrare il Giubileo, certamente, ma anche ad incontrare il Papa e soprattutto ad incontrarsi tra di loro. C’è una logica che accompagna il nostro essere chiesa e la definisce in maniera speciale che è lo stare insieme, l’incontrarsi. Prima di tutto perché l’ha detto il Maestro “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18,20) ed è bello pensare alla fede non come esperienza da vivere solo nell’interiorità, ma anche nella comunione.
E poi perché incontrare donne e uomini che condividono il Vangelo con noi ci rinfranca e ci dona il coraggio di camminare con più speranza. Ci dicono gli Atti degli Apostoli che quando l’Apostolo Paolo stava arrivando a Roma, alcuni cristiani gli andarono incontro per la strada: “I fratelli di là (di Roma), avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio” (Atti 28,15).
Quando incontriamo le sorelle e i fratelli, siamo invitati a dire grazie al Signore per un incontro così prezioso. E questo ci dà la possibilità di prendere coraggio. Come è successo con Paolo succede ad ognuno di noi, quando ripetiamo la sua esperienza. Il Vangelo continua ad essere bellissimo ma altrettanto scomodo -conosciamo bene i suoi paradossi e la sua radicalità - e non siamo immuni dalla tentazione molto forte di annacquare le parole esigenti di Gesù.
L’incontro giubilare organizzato per i giovani a cui parteciperanno oltre 500 giovani della nostra diocesi è l’occasione per andare a pregare sulla Tomba dell’Apostolo Pietro, per chiedere al Signore il dono di un cuore convertito sempre di più alla logica del Vangelo, e per prendere coraggio mettendo i nostri occhi negli occhi delle nostre compagne e dei nostri compagni di strada. Abbiamo bisogno tutti di credere alla bellezza di questa utopia anticotestamentaria del Giubileo che Gesù ha fatto sua nel discorso programmatico a Nazaret (Lc 4,16-21), e l’ha fatta diventare centro della sua missione.
Come ci insegna Gesù abbiamo bisogno di riportare al centro della Chiesa gli umili, i poveri, i miseri, coloro che esternamente e interiormente dipendono dalle mani di Dio e da quelle dei fratelli; abbiamo bisogno di crescere nella esperienza della libertà come possibilità di dono della nostra vita, sapendo che è più felice uno che regala la sua libertà piuttosto di uno che è costretto a tenersela (Don Milani).
Abbiamo bisogno di fare come Gesù che ha ridato la vista ai ciechi: esiste una cecità interiore che non coincide con quella fisica ed è l’incapacità di vedere in profondità, con gli occhi del cuore e dell’anima le cui tenebre vorremmo diradare grazie alla testimonianza di una vita radicalmente affidata al Signore. Infine il Giubileo ci invita ad essere testimoni di liberazione dell’oppressione di ogni ingiustizia, di ogni sofferenza e male che opprimono il corpo e lo spirito.
Tutti sono invitati a compiere questo percorso giubilare, ma è certamente bello che tanti giovani ricordino alla Chiesa l’essenziale, la sua vocazione ad essere profetica, a non accomodarsi nelle postazioni sicure del tempo, ma ad essere sale e lievito nelle pieghe della storia. Auguri dunque a tutti i partecipanti al Giubileo dei Giovani! Buona strada, buon cammino!
*Arcivescovo di Cosenza-Bisignano