Dai veti imperiali alle pressioni moderne di Cina, Trump e social media: la lunga storia delle ingerenze nei conclavi, e della fede che resiste
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L’elezione del Papa, un momento di discernimento guidato dallo Spirito Santo, è anche un evento profondamente umano, spesso sfiorato dalle ambizioni dei potenti. Nei secoli, re, imperatori e governi hanno cercato di orientare i conclavi, dai cardinali della corona che portavano la voce delle monarchie cattoliche, ai veti sovietici della Guerra Fredda, fino alle pressioni moderne di leader come Donald Trump o potenze come la Cina.
Oggi, conflitti come quello tra Russia e Ucraina o la crisi in Medio Oriente, insieme al dilagare di social media e fake news, aggiungono nuove sfide per i cardinali chiamati a scegliere il successore di Pietro. Eppure, la Chiesa, come ha mostrato Papa Francesco con il suo pontificato di pace e fraternità, ha sempre trovato la forza di resistere alle ingerenze, custodendo la sua missione evangelica. Questa è la storia di come la politica ha provato a influenzare il papato, e di come la fede ha prevalso.
I Cardinali della Corona: ambasciatori dei sovrani
Per secoli, le monarchie cattoliche di Spagna, Francia e Austria hanno esercitato il loro potere sui conclavi attraverso il cosiddetto “ius exclusivae”, un diritto di veto informale che permetteva di escludere candidati sgraditi. I “cardinali della corona”, porporati vicini a una monarchia, erano i messaggeri di queste pressioni, trasformando i conclavi in delicate partite diplomatiche.
Nel 1605, ad esempio, il conclave che elesse Leone XI fu segnato dallo scontro tra Spagna e Francia, che si contendevano l’influenza sull’Italia. Il cardinale Cesare Baronio, un uomo di grande erudizione, fu bloccato dal veto spagnolo, che lo considerava troppo indipendente.
Leone XI, eletto rapidamente, fu un compromesso per calmare le tensioni. Un secolo dopo, nel 1700, il conclave che portò a Clemente XI si svolse alla vigilia della Guerra di Successione Spagnola. I cardinali della corona, come Francesco Maria de’ Medici, legato agli Asburgo, lavorarono per un Papa che non alterasse gli equilibri tra Austria e Spagna, portando alla scelta di un italiano moderato.
Il Conclave del 1823
Nel 1823, l’Europa era ancora scossa dalle tempeste napoleoniche, e il conclave che elesse Leone XII divenne un perfetto campo di battaglia politico. L’Austria, potenza dominante della restaurazione, voleva un Papa che non minacciasse il suo controllo sullo Stato Pontificio. Quando il cardinale Antonio Gabriele Severoli si avvicinò all’elezione, a soli sette voti dalla vittoria, il cardinale Giuseppe Albani, voce di Vienna, si alzò con un foglio in mano. Con tono grave, dichiarò che l’imperatore Francesco I d’Austria, usando lo ius exclusivae, escludeva Severoli, considerato troppo autonomo. Il veto fu un colpo duro, e i cardinali, pur sconcertati, si piegarono alla volontà del sovrano.
La Francia, non da meno, fece pressioni contro i candidati “zelanti”, come Annibale della Genga, giudicato troppo rigorista. Il duca di Laval, emissario dei Borboni, inviò una lettera per scoraggiare i cardinali francesi. Nel caos, i sostenitori di Severoli cercarono un’alternativa, mentre il gruppo del cardinale Ercole Consalvi propose Pio Castiglioni. Ma Castiglioni, malato e legato a Consalvi, non convinse. Un altro candidato, Giulio Maria della Somaglia, perse terreno per un’ombra del passato: durante l’occupazione napoleonica, si era firmato “Cittadino Somaglia”, un titolo che lo fece apparire compromesso con idee rivoluzionarie.
Alla fine, i cardinali trovarono un compromesso in Annibale della Genga. Il 28 settembre 1823, con 34 voti, fu eletto, scegliendo il nome di Leone XII. Quel conclave, segnato da veti e trattative, mostrò quanto la politica potesse soffocare la libertà del Collegio Cardinalizio, ma anche come i cardinali riuscissero a trovare una via d’uscita.
La vergogna del 1903
Nel 1903, il conclave che elesse Pio X fu teatro dell’ultimo veto monarchico della storia. Il cardinale Mariano Rampolla del Tindaro, segretario di Stato di Leone XIII, era a un passo dall’elezione, forte della sua visione aperta e della sua esperienza diplomatica. Ma la sua politica, percepita come filo-francese e ostile all’Austria, allarmò l’imperatore Francesco Giuseppe. Durante una seduta cruciale, il cardinale Jan Puzyna de Kosielsko, emissario di Vienna, si alzò e, con un foglio in mano, pronunciò parole che sconvolsero i presenti: “Mi faccio onore… di dichiarare in nome e con l’autorità di Sua Maestà Apostolica Francesco Giuseppe… che pronuncia il veto d’esclusione contro l’Eminentissimo Signor Cardinale Mariano Rampolla del Tindaro”.
L’annuncio fu accolto con indignazione. “Un episodio disgustoso”, commentò il cardinale Andrea Carlo Ferrari. “Grande e penosa l’impressione di tutti”, aggiunse Domenico Ferrata. I cardinali, pur oltraggiati, accettarono il veto, e i voti di Rampolla crollarono.
Giuseppe Sarto, un pastore umile, fu eletto come Pio X. Sei mesi dopo, con la costituzione Commissum Nobis, Pio X abolì il jus exclusivae, minacciando di scomunica chiunque lo usasse in futuro. Quel conclave segnò la fine di un’epoca, ma non delle ingerenze politiche.
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