Un disegno di legge propone l’eliminazione dell’insegnamento sessuale e sentimentale nelle scuole medie, una scelta che farebbe compiere al Paese un salto indietro di decenni mentre gli altri Paesi Ue procedono su direzioni opposte
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Capire e gestire emozioni e sentimenti. Apprendere l’importanza del rispetto fra i sessi. Ragionare sul rapporto uomo donna e sulla conoscenza dei problemi ad esso legati.
L’educazione sessuale nella scuola in Italia rimane pur sempre un tabù. Siamo praticamente fermi ai decenni più bui, mentre in Europa si comincia dalle scuole primarie a discuterne.
Una stupida e sciocca paura di crescere e di capire, rischia di bloccare un diritto fondamentale dei giovani. Un disegno di legge propone l’eliminazione dell’insegnamento sessuale e sentimentale nelle scuole medie, una scelta che farebbe compiere al Paese un salto indietro di decenni, per poi finire in un isolamento culturale grave rispetto all’Europa. D’accordo, si tratta solo di un disegno di legge, eppure è la spia di una politica che invece di fare passi avanti verso scelte illuminate e moderne, guarda sempre più verso epoche oscure del passato.
Ed ha ragione il direttore di La Ragione, Fulvio Giuliani, quando punta alla radice del problema: l’educazione sessuale dovrebbe essere un fatto naturale e privo di timori. Invece, è diventata oggetto di diffidenza e rifiuto da parte di chi non vuole aprirsi alla conoscenza né affrontare la complessità di una realtà che cambia rapidamente.
Non si tratta solo di motivi religiosi o culturali, ma di una paura profonda del cambiamento e della responsabilità.
I giovani oggi navigano un mondo digitale dove messaggi e immagini sessuali circolano senza filtri, spesso prima ancora che imparino a scrivere correttamente. È assurdo che un bambino di dieci anni possa accedere facilmente a YouPorn, ma non abbia la possibilità di ricevere a scuola un’educazione seria, rispettosa e consapevole sul sesso, sul consenso e sulla responsabilità personale.
Diversamente va in Europa, dove i Paesi del Nord hanno da tempo adottato un modello educativo che accompagna i ragazzi sin da piccoli. In Svezia, per esempio, l’educazione sessuale è obbligatoria dal 1955, sviluppata per tappe e con attenzione a temi come il rispetto del corpo, le emozioni e la diversità. L’Olanda, con lezioni a partire dai 4 anni, mostra tassi tra i più bassi al mondo di gravidanze adolescenziali e malattie sessualmente trasmissibili. Anche Germania e Francia integrano queste tematiche nei programmi scolastici, coinvolgendo esperti e comunicando in modo adeguato all’età.
In Italia, ogni tentativo di inserire l’educazione sessuale si scontra con un muro di pregiudizi, arretratezza culturale e muri ideologici: si parla di “gender”, di minacce all’identità dei bambini, di “ideologia woke”.
Ma la realtà è che i nostri ragazzi rischiano di diventare vittime dell’ignoranza politica, vulnerabili e deboli davanti all’assenza di un adeguato supporto culturale.
L’educazione sessuale non indebolisce i valori familiari, li rafforza. Insegna il rispetto reciproco, la responsabilità, la capacità di riconoscere e contrastare la violenza, di capire che l’amore richiede consenso e libertà. È uno strumento di crescita e tutela, non un pericolo.
I bambini non hanno bisogno di zone d’ombra in cui crescere. Hanno bisogno di capire e sapere. Chi si oppone alla loro educazione ampia e illuminante, non li protegge: li lascia soli, esposti a un mondo digitale senza guida, abbandonati al silenzio degli adulti. È una scelta che priva soprattutto gli adulti della loro capacità di crescere insieme alle nuove generazioni.
L’educazione sessuale non è un rischio, è una necessità urgente per un’Italia che ha bisogno di liberarsi di una certa arretratezza culturale. Negarla significa negare alla scuola un ruolo fondamentale per la crescita dei nostri figli.

