“Mamma, son tanto felice, perché ritorno da te…”. Basterebbero le prime note per far riaffiorare un’eco collettiva, quasi genetica, che attraversa il tempo e le generazioni. Mamma di Beniamino Gigli non è solo una canzone. È un archetipo. È il modo con cui, almeno una volta nella vita, ciascuno di noi ha provato a dire alla propria madre quanto le vuole bene. È la colonna sonora della Festa della mamma per eccellenza, da quasi un secolo ormai. Eppure, se questa canzone resta il simbolo, la musica non ha mai smesso di raccontare le madri — con tenerezza, con rabbia, con nostalgia, con gratitudine. Ogni epoca, ogni artista, ogni lingua ha costruito il suo ritratto materno. In musica.

Scritta da Cesare Andrea Bixio e Bixio Cherubini, “Mamma” nasce per il cinema e diventa ben altro: attraversa la guerra, consola i soldati al fronte, viene incisa da tenori, cantata in tutte le lingue, reinterpretata da Claudio Villa, Pavarotti, perfino da Topo Gigio. Ma al di là della sua fortuna storica, la figura della madre continua a ispirare le canzoni più diverse, anche oggi. Perché l’amore filiale, spesso difficile da tradurre in parole, in musica trova una forma più piena, più calda, più vicina.

C’è il rock tenero di The Wish di Bruce Springsteen, in cui il Boss ricorda il sacrificio di sua madre Adele, che con pochi soldi riuscì a comprargli la sua prima chitarra. C’è il rap crudo ma commosso di Tupac, che in Dear Mama rende omaggio ad Afeni Shakur, donna sola e poverissima, tra assistenza sociale e piccoli furti, ma sempre una madre. Ci sono le dediche dolci e spezzate di Taylor Swift e Lenny Kravitz, le ballate gospel-pop delle Spice Girls in Mama, le lacrime blues di Zucchero in Madre dolcissima.

E c’è anche chi ha raccontato la madre come un'assenza, una mancanza, un enigma. I Pink Floyd, in Mother, mettono in scena una madre soffocante, iperprotettiva, che toglie fiato invece che darlo. Carmen Consoli, in In bianco e nero, attraversa i nodi di un rapporto complicato, con foto, silenzi e consapevolezze tardive. Laura Pausini, nella struggente Mi dispiace, sogna una madre lontana che finalmente la vede, la capisce, la abbraccia.

Ma il filo che unisce tutte queste canzoni non è la perfezione della figura materna. È la sua centralità. Che sia idealizzata, rimpianta, presente o assente, la madre resta il fulcro affettivo della vita di ciascuno. E la musica, più delle parole, sa restituire quella complessità. C'è la mamma celebrata da Edoardo Bennato in Viva la mamma, tra lasagne, pancette e vestiti un po’ vintage, ma anche quella di Portami a ballare di Luca Barbarossa, con le scarpe comode e la voglia, ancora, di sognare. E ci sono le madri evocate in una strofa soltanto, come in Let It Be dei Beatles, dove la “Mother Mary” del ritornello è la mamma di Paul, morta quando lui aveva solo 14 anni e riapparsa in sogno per dirgli di lasciar correre, di lasciar essere.

Ci sono anche le madri diventate figure spirituali, come in Halo di Beyoncé, dove la protezione materna si fonde con quella divina. O le mamme che diventano metafora di casa, rifugio, ritorno: come in Mama I’m Coming Home di Ozzy Osbourne, dove la parola “mama” è dolce e potente, e si riferisce sì alla moglie Sharon, ma nella sua veste più protettiva, quella di madre.

Nel panorama italiano recente, la figura della madre continua a emergere, spesso in modi inattesi. In E yo mamma Coez racconta di un figlio fragile che cerca un equilibrio, mentre Arisa, in Io sono, dice con semplicità: “Voglio essere mamma, perché la mia mamma è la cosa più bella che c’è”. È un passaggio generazionale che si rinnova: da figli a genitori, da musica a musica.

Anche in generi più estremi, come il rap o il rock industriale, la madre rimane un punto fisso. C’è Mamarà di Eros Ramazzotti, ballata elegante e piena di riconoscenza, ma anche Padre Madre di Cesare Cremonini, che esplora il vuoto lasciato da entrambe le figure genitoriali e la ricerca di equilibrio in un mondo che sembra ruotare su assenze più che su presenze. E poi Una poesia anche per te di Elisa, che canta con voce limpida la gratitudine verso una madre che ha saputo esserci nel momento giusto, con le parole giuste, come una poesia dedicata e silenziosa.

Oggi, con le dediche sui social che si moltiplicano a ogni festa della mamma, con reel, stories e hashtag, le canzoni per la mamma tornano a vivere una seconda giovinezza. Si mischiano le immagini di famiglie vere, madri anziane, giovani mamme con i figli in braccio, e sopra scorrono le note. Non sempre è Mamma di Gigli. Spesso è Taylor Swift, oppure A Song for Mama dei Boyz II Men. A volte è una ninna nanna moderna come quella di Ghali, altre è un brano indie malinconico come 1969 di Achille Lauro. Ma il senso è sempre lo stesso: trovare una voce per dire ciò che si ha dentro, anche quando le parole fanno fatica a uscire.

Perché la Festa della mamma non ha bisogno di regali sontuosi o fiori esotici. Bastano un gesto sincero, uno sguardo, una canzone scelta con cura. E anche se ognuno ha la sua madre, la sua storia, il suo legame — conflittuale, tenerissimo, complicato — c’è sempre un momento in cui le note sanno parlare per noi. E quel “Maaaaammaaaa…” che parte da una vecchia radio o da uno smartphone, è ancora capace di fare quello che faceva nell’Italia del dopoguerra: stringerci il cuore, e farci tornare, per un istante, là dove tutto ha avuto inizio.

Tanti auguri, mamma!