Al Salone degli Specchi di Cosenza la Fondazione Mario Dodaro incontra gli studenti: storie di vite spezzate, dolore che diventa responsabilità collettiva e un messaggio chiaro alle nuove generazioni
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Su un poster nel vecchio ufficio di Francesco Gallina, fra i fondatori dell’allora Quotidiano della Calabria, sta scritto “Il compito di un giornale non è solo di informare i suoi lettori, ma di formarli”. Non so se quel poster sia ancora in qualche ufficio del giornale, ma dopo trent’anni dalla fondazione il Quotidiano continua a portare avanti quel ruolo che non è solo il racconto cronologico di notizie, ma soprattutto impegno civile.
Lo fa attraverso la Fondazione Mario Dodaro, che oggi edita il giornale, intitolata alla memoria dell’imprenditore ucciso alla vigilia di un Natale di 43 anni fa dalla criminalità organizzata. L’ultima iniziativa si è tenuta ieri, al salone degli Specchi della Provincia di Cosenza, dove la Fondazione, presieduta con grande passione e impegno dalla collega Luciana De Luca, ha organizzato un incontro con le scuole su un tema affatto particolare: “Ragazzi per sempre”, la storia di giovani vite spezzate da mano criminale che spesso non hanno dato ai genitori la consolazione di un corpo da piangere. Vite spezzate per quelli che nel linguaggio della cronica vengono a volte definiti come “futili motivi”. Un amore sbagliato, un impegno troppo acceso sul sociale.
Ieri c’erano i genitori di Stefano Piperno. mediatore culturale il cui corpo fu crivellato di colpi e poi trovato carbonizzato nelle campagne di Nicotera, a raccontare il loro dolore e come questo si possa trasformare in energia positiva. Energia che era rappresentata da Konè, giovane sbarcato in Calabria dopo aver vissuto l’epopea del solito viaggio della speranza dall’Africa fino qui, passando per i centri di detenzione della Libia dove è stato lungamente torturato. I genitori di Piperno lo hanno incontrato in uno dei Cas dove il figlio lavorava e da allora se ne sono presi cura, garantendogli anche un difficile intervento chirurgico all’anca. Da allora lui li chiama mamma e papà.
Una storia che ha scosso molto Maria Gabriella Dodaro, che il papà Mario ha conosciuto solo attraverso i racconti di terze persone. Dopo una breve esperienza da avvocato oggi Maria Gabriella è giudice della Corte dei Conti e da magistrato si è trovata a lavorare sullo scandalo del Cas che convogliava i soldi per i migranti ai clan. In un vibrante intervento, con la voce rotta dall’emozione, ha invitato i ragazzi presenti (quelli del liceo scientifico Pitagora e del classico Telesio) a continuare ad avere fiducia nella giustizia perché ci sono tanti magistrati che lavorano assiduamente per svolgere il loro compito, ma soprattutto ha invitato i ragazzi ad impegnarsi a fondo in uno dei mestieri più difficili del mondo che è quello dei genitori. In questo solco si spiega quello che qualcuno ha definito il vizio della memoria che bisogna sempre coltivare, anche quando è urticante. Lo ha specificato il direttore de L’Altravoce-Il Quotidiano, Massimo Razzi, nello spiegare l’importanza dell’impegno civile a cui nessuno deve venire meno, a maggior ragione un mezzo di informazione autorevole come il Quotidiano che - ha detto - ogni giorno si sforza di tirare fuori un pezzetto di verità in più rispetto a quello che ci viene raccontato e propinato.
Il direttore è stato protagonista di un confronto con il caporedattore del Tg3 Calabria, Riccardo Giacoia che ha spiegato la fatica, anche psicologica, di raccontare, nel corso della sua lunga carriera, omicidi di mafia. Un racconto che non può lasciare indifferenti e che spesso lascia anche tracce nell’intimo.
Altro momento particolarmente toccante è stata la testimonianza alla signora Elsa, mamma di Francesco Vangeli sparito nel nulla per colpa di un amore sbagliato. La donna ha ribadito che la famiglia non smetterà mai di cercare né il suo corpo né la verità. Un concetto ribadito anche dal fratello di Francesco, Federico, che ha trasformato in impegno politico il suo dolore.
Ma l’incontro è servito soprattutto a capire come andare in soccorso ai ragazzi che non sembrano avere altre alternative al crimine, ragazzi che vivono situazioni difficili in contesti complicatissimi. «Sospendere il giudizio, accogliere e dialogare». E’ questa la ricetta che Antonio D’Amore, referente provinciale di Libera a Napoli, ha suggerito per questa impresa. «Anche le situazioni più difficili possono trasformarsi in un futuro migliore», ha ricordato invece Anna Maria Verre, mediatrice penale minorile e scolastica.
Una mattinata intensa quindi arricchita dalla presenza dei ragazzi, un rito civile, un doveroso tributo ad un’idea altissima e credibile di impegno per la legalità con la volontà di accompagnare, ed essere accompagnati, dalle persone che non ci sono più, e che vorremmo ancora con noi.

