Roma non è immune alla mafia. Lo ha ribadito Lamberto Giannini, prefetto della capitale, durante una recente audizione in Commissione parlamentare antimafia in cui ha illustrato il quadro della criminalità organizzata nella città, soffermandosi in particolare sulla presenza e sull’influenza della ‘ndrangheta e delle famiglie mafiose locali. «A Roma coesistono mafie tradizionali e autoctone – ha spiegato Giannini – che spesso stringono alleanze o patti di non belligeranza e mutuo soccorso. In primis gestiscono il traffico di stupefacenti, accumulando capitali illeciti da reinvestire in edilizia, ristorazione, commercio e appalti».

Le locali della ‘ndrangheta e il modello mafioso

Il prefetto ha sottolineato come la ‘ndrangheta sia particolarmente radicata sul litorale romano. La ’ndrangheta «è presente a Roma, specie sul litorale, con proprie “locali”», cioè «vere e proprie succursali: non si tratta di un singolo affiliato che va a operare, ma è come se ci fosse una cellula di 'ndrangheta che ha la possibilità di appoggiarsi e avere aiuto dal centro».

Giannini si riferisce innanzitutto alla zona di Anzio e Nettuno: «Sono leader nel traffico di stupefacenti, ma anche nel reinvestire i profitti nella ristorazione, nell'edilizia e nel commercio di veicoli. Da alcune indagini sono emerse collusioni con amministratori locali». Per descrivere il motivo del legame persistente tra locali e centro: «Un pentito ci ha spiegato il perché si mantiene questo legame, perché agire come succursale, e ci ha fatto un esempio significativo, plastico. Ci ha fatto l'esempio di una zattera che se va da sola alla prima difficoltà, alla prima onda, quando magari subisce un danno, si ferma, si deve riparare oppure si perde nel mare aperto. Se invece le zattere sono diverse e collegate tra loro, quando c'è la difficoltà, per esempio degli arresti da parte delle forze di polizia, dei sequestri che impediscono loro di rifornire la zona, vengono in soccorso altri e quindi la zattera, grazie all'aiuto che ha, può continuare a operare».

Le famiglie di ’ndrangheta colpite dalle interdittive antimafia

Il prefetto sottolinea poi l’intensificazione delle attività delle interdittive antimafia, strumento «formidabile perché ci consente di agire in maniera avanzata, quando non serve la prova giudiziaria, ma quando ci sono una serie di circostanze che ci fanno ritenere che ci sia qualche cosa che non va nella gestione». Da quando Gianni dirige la Prefettura, ne sono state firmate 67, «che è un numero piuttosto significativo, e in particolar modo, anche a seguito di operazioni, abbiamo colpito articolazioni della 'ndrangheta, le famiglie Madaffari, Gallace, Peronace e Alvaro. Siamo sempre andati laddove c'erano connessioni con la criminalità organizzata». Una volta fatti i nomi delle quattro famiglie calabresi, il prefetto ha chiesto di secretare un tratto della sua audizione. Segno che ci sono attività investigative in corso.

Il peso delle famiglie autoctone

Accanto alle organizzazioni calabresi, Giannini ha ricordato l’influenza delle famiglie autoctone, in particolare i Casamonica, i Fasciani e gli Spada, storicamente attive nella capitale e sul litorale, e riconosciute dai tribunali per reati associativi. «Il predominio tuttora è dato dall’influenza della camorra legata all’alleanza di Secondigliano – ha precisato – ma la ‘ndrangheta mantiene un ruolo forte e strutturato».

Piazza di spaccio e controllo del territorio

Il prefetto ha descritto dettagliatamente il funzionamento delle cosiddette piazze di spaccio «chiuse» e «aperte». Le prime, rigidamente organizzate, comprendono centinaia di persone e generano decine di migliaia di euro al giorno, con regole interne, sanzioni e persino punizioni corporali per chi non rispetta le direttive. «Il fenomeno attrae i giovani e crea un vero e proprio welfare criminale – ha osservato – mentre i residenti vivono sotto pressione, tra ostacoli fisici e minacce».

Le piazze aperte, invece, operano in zone di movida come il Pigneto o San Lorenzo, dove il controllo diretto del territorio non è possibile, ma il guadagno derivante dallo spaccio rimane centrale.

Operazioni di contrasto e collaborazione internazionale

Il prefetto ha elogiato l’efficacia delle forze dell’ordine e della Procura di Roma, ricordando operazioni recenti che hanno smantellato le principali piazze di spaccio della capitale, colpendo gruppi legati alla ‘ndrangheta e alla criminalità albanese. L’uso di collaboratori di giustizia e di piattaforme criptate ha permesso di acquisire prove decisive.

Roma: un hub strategico per la criminalità

Giannini ha anche sottolineato la posizione strategica della capitale: con porti, aeroporti e una popolazione in continuo movimento, Roma rappresenta un centro ideale per il riciclaggio, il traffico di droga e l’infiltrazione negli affari pubblici. «Chi viene qui sa che il potere politico e economico è concentrato – ha detto – e cerca di condizionarlo».