VIDEO | Giovanni Soda, dirigente del Dipartimento programmazione del Comune di Corigliano Rossano si sofferma sulle reali priorità della Calabria: «Serve mettere in sicurezza i territori»
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Frane, alluvioni, terremoti. La Calabria continua a convivere con una fragilità strutturale che richiederebbe attenzione continua, pianificazione seria e risorse mirate. Ma lo Stato sembra preferire altro. A denunciarlo è Giovanni Soda, dirigente del Dipartimento programmazione del Comune di Corigliano-Rossano, che interviene senza mezzi termini: «Il ponte sullo Stretto è un’opera inutile, mentre le vere urgenze sono altre».
Il Sud, e in particolare la Sibaritide, continua a essere ignorato nei suoi bisogni essenziali. Le infrastrutture sono vecchie, spesso inadeguate. L’urbanizzazione è avvenuta in epoche in cui le norme antisismiche non esistevano o non venivano applicate. Le conseguenze si vedono a ogni pioggia intensa, a ogni scossa di terremoto. «Intervenire in questi contesti è complesso e costoso. Ma necessario».
Soda ribadisce la necessità di investire in opere diffuse, capillari, in grado di migliorare davvero la vita delle persone. Non un’unica infrastruttura miliardaria ma migliaia di cantieri nei territori fragili. «La vera grande opera pubblica sarebbe mettere in sicurezza scuole, ospedali, strade. Sarebbe rafforzare il trasporto locale, ricostruire la rete idrica, ammodernare la ferrovia ionica».
E poi c’è il dissesto idrogeologico, una piaga che colpisce centinaia di comuni calabresi. La prevenzione latita, e i pochi fondi disponibili vengono spesso impiegati per le emergenze e non per evitare che accadano. «Il ponte sullo Stretto di Messina ha un costo enorme, e blocca risorse che invece dovrebbero essere spese qui, per proteggere il territorio e i suoi abitanti». Il giudizio sull’opera è netto. Per Soda non solo è superflua, ma rappresenta una distorsione del dibattito pubblico: «È un totem, uno spettro che aleggia nell’aria. Ogni volta che si parla di Sud si tira fuori il ponte, ma nessuno guarda alle vere necessità». La priorità è costruire una rete di interventi reali, che tocchino le comunità e riducano i rischi.
«Abbiamo bisogno di rafforzare la sanità territoriale, di interventi sociali, di mettere in sicurezza i centri storici e le periferie. Qui si vive ogni giorno tra rischi e incertezze, eppure si preferisce rincorrere un simbolo». Il problema, secondo Soda, è anche di visione: manca una strategia che metta davvero al centro il territorio e non la propaganda. Intanto il tempo passa. Gli eventi estremi aumentano, le infrastrutture cedono, le aree interne si spopolano. «Siamo ancora in tempo per cambiare rotta – conclude – ma servono scelte coraggiose. Servono investimenti veri, continui, su ciò che davvero serve. E il ponte non è tra questi».