Nei dibattiti e nel suo libro Tutto pagato, l’ex manager che ha scoperto i pagamenti multipli delle fatture a Reggio ricostruisce il sistema: «Con fotocopie di registri e semplici fatture arrivavano a incassare milioni togliendo ai cittadini il diritto alle cure. E oggi continuano ad approfittarne»
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«Una cosca di potenti colletti bianchi in 20 anni ha saccheggiato la sanità e ha fatto della Calabria la prima regione in Europa priva di un sistema sanitario che metta al servizio dei cittadini cure e prevenzione». I giri di parole non sono il forte di Santo Gioffrè: scrittore, ex manager dell’Asp di Reggio, è stato il primo a denunciare lo scandalo delle fatture pagate due volte.
Nei dibattiti pubblici per la presentazione del suo libro Tutto pagato non fa sconti a quello che considera un vero e proprio clan capace di condizionare il servizio sanitario in Calabria. Ci si potrebbe aspettare maggiore cautela nell’approccio seguito nel volume dato alle stampe da Castelvecchi: niente da fare, la denuncia che Gioffrè affida alle pagine è ancora più netta.
«Sono riusciti a farsi pagare la stessa fattura anche quattro volte»
«Questa cosca – evidenzia spesso il medico – deve essere stata molto protetta negli ultimi 20 anni per essere riuscita a farsi pagare la stessa fattura per quattro volte: così siamo entrati nel Piano di rientro. Chi ha beneficiato del sistema? Proprietari di grosse strutture private e studi diagnostici, grossi studi di avvocati, alcune multinazionali del farmaco, alcune banche factoring».
In Tutto pagato, Gioffrè ricorda che, nei cinque mesi e mezzo da commissario straordinario ha scoperto che «il decennale meccanismo di rapina alle finanze pubbliche dell’ente aveva assunto i connotati di una normalità esasperata e disarmante» fatta da quei colletti bianchi e da «dipendenti e funzionari infedeli». A Reggio Calabria il medico dice di aver trovato «un mondo a parte, con transazioni che erano tutte false e utilizzando il metodo della circolarizzazione. Si sta facendo anche adesso ma in più c’è una legge che protegge chi firma le transazioni».
Qualche frase per spiegare cosa accadeva (e accade): «Non era l’Asp a possedere la certezza del debito da pagare ma era l’Azienda stessa a chiedere ai creditori di dichiarare loro quali somme – secondo i creditori – l’ente doveva saldare». Insomma, «non esisteva alcun controllo interno sulla veridicità del credito, ci si affidava alla parola del creditore, in un sistema totalmente rovesciato».
Conseguenza del sistema è che «l’Asp di Reggio Calabria è stata saccheggiata per miliardi di euro perché non aveva carte né certezza dei conti».
Gioffrè: «All’Asp di Reggio rubati 2-3 miliardi»
Gioffrè prova a quantificare: «A Reggio si saranno rubati due-tre miliardi e cose simili sono accadute in tutta la Calabria senza che sia accaduto nulla. La realtà è che siamo fuori dal sistema sanitario pubblico: qui la sanità è un bene di consumo, vive chi ha i soldi». E chi ha i soldi va al Nord a curarsi, «e noi paghiamo più di 300 milioni di euro all’anno per l’emigrazione sanitaria».
I doppi (o tripli) pagamenti denunciati dall’ex manager diventano rinuncia alle cure e macelleria sociale. Dietro le quinte, però, si muoverebbe una «delinquenza finanziaria» che utilizza «strutture coperte e para-segrete, fondi neri, logiche predatorie». In un contesto in cui «la ricchezza criminale si accumula mentre la società si disgrega». Un quadro nel quale «tutte le transazioni concluse nelle Asp erano potenzialmente false, perché i debiti risultavano già pagati».
Milioni ottenuti con semplici carte contabili
La discesa negli inferi della sanità ha un passaggio inevitabile in banca. Gioffrè racconta una delle scoperte fatte nel Tribunale di Catanzaro, dove si trovava la sede centrale della banca tesoriera dell’Asp: «Scoprii che durante i procedimenti in estensione, stuoli di avvocati si inserivano in procedimenti da poche centinaia di euro per ottenere milioni in favore di banche di factoring o aziende private». Emerge un dato sconcertante: «Alcuni titoli erano decreti ingiuntivi, ma la maggior parte erano semplici carte contabili, fotocopie di registri Iva o documenti vistati da notai».
Fatture pagate anni prima «per importi esigui come 52mila euro venivano usate per ottenere milioni di euro. Ogni mese, il presidente del Tribunale inviava all’Asp l’elenco delle fatture oggetto dei pignoramenti in estensione. Nessuno rispondeva, nessuno apriva le e-mail. Così i decreti di pagamento, spesso non veritieri, venivano eseguiti regolarmente».
«Il rischio dei saccheggi è ancora alto»
Così si è creata una voragine che – è la valutazione di Gioffrè – rischia addirittura di allargarsi: «Il ricorso al negotium della circolarizzazione, senza una rigorosa ricostruzione dei bilanci, espone le Asp calabresi – e in modo particolare quella di Reggio – a un rischio permanente di truffe e saccheggi. La Calabria è così, da sempre. E la sua gente non avverte che, attraverso tutto ciò, ha perso per sempre il diritto a essere curata, il diritto alla sanità pubblica».