La proposta formulata dal ministro Giuseppe Valditara nel corso della riunione del Consiglio dell’Unione Europea dedicata all’istruzione, di adottare una raccomandazione che scoraggi l’uso degli smartphone in classe in tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado del territorio comunitario ha riacceso i riflettori sull’abuso dei dispositivi tecnologici da parte dei minori.

Il divieto vigente in Italia

In Italia l’impiego dei telefonini è già vietato nel primo ciclo, quindi nelle scuole dell’infanzia e nella primaria. In quelle del secondo ciclo invece, i telefonini possono essere impiegati ma solo per finalità educative, previa autorizzazione del docente. Ed ogni utilizzo deve essere annotato nel registro di classe. Sulla proposta di Valditara si sono espressi favorevolmente Francia, Svezia, Ungheria, Cipro, Belgio, Lussemburgo, Lituania e Grecia, cui si aggiungono Austria e Slovacchia i cui rappresentanti, pur senza intervenire, hanno cofirmato la proposta mentre nessuno Stato ha manifestato posizione contraria.

Il ministro dell'istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha intrapreso una crociata contro l'impiego del telefoni cellulari in classe, vietandone l'utilizzo alle scuole elementari e medie. Adesso ha chiesto agli altri Paesi dell'Unione Europea di adeguarsi alla normativa italiana

La posizione del Ministro

L’Italia da un lato insiste che vengano «eliminati i cellulari dalle scuole dell’Unione europea sicuramente fino ai 14 anni», dall’altro cerca di fare breccia per aprire una discussione sull’utilità di estendere i divieti anche per le scuole superiori. «Se fino ai 14 anni i rischi sono evidenti e senz’altro prevalenti rispetto ai benefici che sono oggettivamente abbastanza inconsistenti, dobbiamo capire se sopra i 14 anni nelle scuole superiori un divieto può avere una sua concreta utilità», ha dichiarato Valditara. Aggiungendo: «Io ritengo che possa averla». Secondo il ministro, i dati sono drammatici e descrivono contesti di difficoltà nella concentrazione, nella memorizzazione, persino nello sviluppo della fantasia». E poi, sull’uso del cellulare a fini didattici, Valditara è convinto che lo smartphone induca «alla distrazione e quindi ovviamente non garantisce le condizioni per eccellenti performance». Roxana Minzatu, vicepresidente esecutiva della Commissione europea e commissario europeo per l'istruzione, si è impegnata a portare avanti l’iniziativa.

Patto educativo scuola-famiglia

Privazione del sonno, obesità, deficit dell’attenzione, ritardi cognitivi i disturbi più comuni associati all’utilizzo improprio dei cellulari in tenera età. Limitarne l’uso tra i banchi di scuola però, potrebbe non essere una misura sufficiente. «Serve un patto educativo da sottoscrivere con le famiglie per evitare un eccesso di utilizzo dei cellulari, non solo a scuola ma anche a casa – ha commentato Assunta Morrone, dirigente dell’Istituto comprensivo di Mendicino - Anche perché è necessario avere comunque quella percezione di consapevolezza rispetto all'utilizzo degli strumenti tecnologici. Vale per una lavatrice, figuriamoci per un cellulare. Non basta una circolare per frenare l’abuso dei telefonini – ha detto ancora la preside -. Bisogna entrare in sintonia con i ragazzi e compiere con loro un percorso formativo spiegando le varie sfaccettature e conseguenze legate all’impiego di questi strumenti. In modo che siano i bambini e i ragazzi a scegliere il momento giusto in cui adoperarli. Non è detto che debbano sparire completamente dalla loro vita ma piuttosto devono farne un uso proficuo e consapevole di quelli che non creano poi dipendenza».

Utilizzo sdoganato

Massimo Ciglio, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo Spirito Santo di Cosenza, ha sottolineato come l'uso del telefonino sia ormai stato sdoganato nelle famiglie: «Tutti quanti noi abbiamo fatto esperienza di situazioni direi imbarazzanti - ha lamentato - Quante volte abbiamo visto genitori che al ristorante addirittura arrivano con i supporti per i bambini anche in età prescolare. Questo la dice lunga purtroppo sulla cattiva abitudine dei genitori di delegare ai dispositivi parti importanti della vita familiare come quella del gioco, della relazione, dell'ascolto, del dialogo. Quindi c'è un problema innanzitutto nelle famiglie e nell'uso dei dispositivi che si fanno nelle famiglie. Da noi i ragazzi entrano a scuola e lasciano i telefonini in appositi contenitori, e li riprendono alla fine delle lezioni. Ma è una battaglia persa perché ormai questi strumenti fanno parte della cultura dei ragazzi, quindi bisogna farci i conti. Per cui è una questione che andrebbe regolamentata non solo a scuola ma anche nelle case».