A volte ritornano: i boss – come Pino “Facciazza” Piromalli – e le storie che riemergono da vecchie indagini e sentenze. Rapporti complessi, quelli tra Angelo Sorrenti, imprenditore della Piana di Gioia Tauro, e la potente cosca calabrese. Messi in luce proprio dal tentativo del «padrone di Gioia» di riprendersi ciò che considerava suo: la città, gli affari andati un po’ allo sbando in sua assenza. E pure 400mila euro che ritiene di aver abbonato, finora, a Sorrenti da tempi in cui il business delle tv locali si incrociava con le pretese estorsive del clan.

I segni – evidenziati nell’inchiesta Res Tauro della Dda di Reggio Calabria, diretta dal procuratore Giuseppe Borrelli – ci sono tutti: il vecchio capo insegue vantaggi economici ma mira a consolidare la propria autorevolezza attraverso il rispetto imposto e l’ossequio obbligatorio, ottenendo consenso anche attraverso la paura. Un quadro che si riflette chiaramente nei rapporti tra l’ex imprenditore rampante e Pino Piromalli, che sin dagli anni Ottanta emerge come la massima autorità criminale dell’area.

Le intercettazioni e i colloqui rivelano il progetto del boss: stabilire una continuità con la precedente influenza della cosca, assicurandosi che chi aveva beneficiato della protezione mafiosa mantenesse debiti e obblighi nei confronti della ‘ndrangheta. Come registrato tra il 2021 e il 2022 quando «Don Pino» afferma «di voler recuperare 400mila euro da Angelo Maria Sorrenti».

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