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Ci sono anche gli attivisti reggini Nando Primerano e Dario Liotta a bordo della Al-Awda (già Blucaliffo) della Freedom Flotilla Italia che ha interrotto la sua navigazione verso Gaza. L’attivista del centro sociale Angelina Cartella, con l’amico Dario Liotta da tempo emigrato e residente in Lombardia e con il resto dell’equipaggio, era partito quasi un mese fa per Catania.
Da lì alla volta della flotilla poi partita da Otranto il 25 settembre. Dopo circa 10 giorni di navigazione, e alcune problematiche superate già durante il viaggio con alcune soste per riparazioni, nei pressi di Creta, il viaggio si è fermato.
«Oggi, dopo dieci giorni di navigazione verso Gaza, siamo costretti a fermarci. La nostra nave logistica, Ghassan Kanafani, – dichiara l’equipaggio – è andata in avaria ed è stata sequestrata dalla polizia portuale greca nel porto di Heraklion. Quasi nello stesso momento, la nostra imbarcazione Al-Awda, che procedeva poco più avanti, è stata abbordata dalla capitaneria di porto in assetto antisommossa. Il controllo è durato circa un’ora.
Siamo quindi tornati indietro per prestare soccorso alla nave logistica, perdendo l’appuntamento con le altre flottille che abbiamo tentato ostinatamente di raggiungere fino all’ultimo miglio.
A quel punto, con senso di responsabilità, abbiamo compreso che proseguire da soli, privi di supporto, non avrebbe consentito di garantire la sicurezza necessaria per raggiungere Gaza».
Gli incontri porto dopo porto
Una decisione dettata, dunque, dall’assenza delle condizioni per proseguire in sicurezza. Una decisione che, tuttavia non intacca il valore dell’esperienza e lo spirito che li aveva mossi a partire.
«Abbiamo navigato per giorni, affrontando venti favorevoli e contrari, sempre con un unico obiettivo: raggiungere Gaza, rompere l’assedio della fame, denunciare il genocidio perpetrato dallo Stato di Israele. Fin dalla partenza – racconta l’equipaggio – abbiamo visto crescere, porto dopo porto, il sostegno e l’attenzione verso l’iniziativa di Freedom Flotilla Italia. Ovunque siamo approdati, abbiamo incontrato donne, uomini, bambini, persone comuni che ci hanno spinto ad andare avanti, riconoscendo come l’ingiustizia subita dai Gazawi non sia una questione lontana, ma qualcosa che tocca ciascuno di noi.
Quando siamo salpati da Otranto non eravamo più un gruppo di idealisti incoscienti, ma i portatori di un sentimento collettivo. L’amore per la vita unito al rispetto del diritto internazionale, unico argine alla legge del più forte. Gli unici a non averlo compreso sono stati i nostri governanti: complici, collusi e silenti di fronte al genocidio che segnerà per sempre la memoria di questo secolo».
La questione ancora aperto
Sono di ritorno a casa con la consapevolezza che l’attenzione va mantenuta alta sull’emergenza umanitaria a Gaza e sulla questione palestinese resta aperta fino a quando il genocidio non sarà fermato e la Palestina non sarà libera.
«Siamo, tuttavia, orgogliosi di aver contribuito a sollevare un grande moto di sdegno e indignazione contro l’azione criminale del governo israeliano. E se oggi questa navigazione si arresta, la nostra lotta no: torniamo a casa per unirci agli equipaggi di terra, per continuare insieme, con la stessa determinazione, a lottare per una Palestina libera e per la fine del genocidio», così conclude l’equipaggio Al-Awda.