Tra i boschi delle Serre calabresi, laddove la nebbia del mattino accarezza i castagni e il vento porta con sé il profumo delle erbe selvatiche, sorge un piccolo paese, Torre Ruggiero. È un borgo raccolto, radicato tra colline verdi e vallate profonde, dove il tempo scorre lento e ogni pietra sembra custodire un segreto.

Si racconta che un giorno, nella seconda metà del ‘600, in quel paesaggio sospeso tra cielo e terra, le pastorelle Isabella Cristello e Antonina De Luca si inginocchiarono in preghiera. Isabella portava nel cuore la sofferenza di un male antico, ma proprio lì, sotto la volta degli alberi e nel silenzio sacro della natura, fu guarita. Quando alzò lo sguardo, la vide: la Madonna, luminosa come un’alba nuova, con il Bambino in braccio. Le sue parole scesero dolci come acqua di sorgente: «Qui voglio un tempio di fede. Da questo luogo benedirò e consolerò chiunque verrà a me».

Così il colle si fece sacro, e i primi fedeli, con meraviglia e timore, accorsero. Presto si levò una piccola chiesa, che divenne rifugio di speranza per generazioni. Ma nel 1783 la terra tremò con forza: un terremoto distrusse il santuario, e la statua della Madonna andò perduta tra le macerie. Molti pensarono che fosse la fine, ma la fede, si sa, non muore sotto le pietre. La Vergine continuava a farsi vicina, apparendo nei sogni dei contadini e dei devoti, come una madre che non abbandona i suoi figli.

Passarono anni, e ancora una volta il miracolo tornò a parlare. Un pomeriggio del 1858, vicino ai ruderi, il contadino Francesco Arone vide sgorgare dal suolo una sorgente limpida. L’acqua zampillava come un dono celeste. Assetato, egli bevve, e i suoi arti doloranti furono guariti all’istante. Era il segno che Torre Ruggiero non poteva dimenticare: il santuario doveva rinascere. Così accadde, e dalle rovine si alzò di nuovo la casa della Madonna delle Grazie, piccolo scrigno di devozione nel cuore della Calabria.

Ancora oggi, quando settembre inizia a stendere il suo manto dorato sulle colline, il paese si veste a festa. Dai monti vicini, dai borghi lontani, da ogni angolo della regione, i pellegrini si mettono in cammino. Attraversano boschi, superano torrenti, seguono sentieri che odorano di muschio e terra bagnata, e arrivano a piedi a Torre Ruggiero. Alcuni portano il peso delle fatiche, altri un voto, altri ancora soltanto il desiderio di guardare negli occhi la Madre che dona conforto.

Il borgo, allora, si trasforma: le vie strette risuonano di canti, i lumini brillano, la le bancarelle della fiera si estendono per chilometri e l’eco delle campane si diffonde fino alle vallate. La processione attraversa le strade come un fiume di fede, e il santuario accoglie tutti, pellegrini e paesani, fedeli e curiosi, sotto lo sguardo benevolo della Vergine.

Così, tra i boschi delle Serre, Torre Ruggiero rimane un luogo incantato: paese piccolo e umile, ma consacrato da un’apparizione che continua a vibrare nel cuore della gente. Ogni anno, come davanti al fuoco che illumina le sere d’inverno, la storia si rinnova, e il sorriso della Madonna delle Grazie torna a scendere lieve, come rugiada sul cammino dei fedeli.