Il processo

L’attivista curdo-iraniana Maysoon detenuta a Reggio: mercoledì l’udienza a Crotone per difendersi dall’accusa di essere una scafista

Il suo avvocato Giancarlo Liberati: «Molto depressa, abbattuta e sconfortata». La 28enne espostasi contro il regime e vessata anche dalla “polizia morale” del paese di provenienza dal quale è fuggita insieme al fratello è stata arrestata dopo lo sbarco

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di Anna Foti
16 settembre 2024
17:45

È fissata per il prossimo 18 settembre la seconda udienza del processo nei confronti dell'attivista per i diritti umani curdo-iraniana di 28 anni, Maysoon Majidi, sbarcata a Crotone nel dicembre 2023, e da allora detenuta con l’accusa di essere una scafista.

La regista, attrice e anche reporter indipendente, espostasi contro il regime e vessata anche dalla “polizia morale” del paese di provenienza dal quale è fuggita insieme al fratello, è stata arrestata dopo lo sbarco.


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«Molto depressa, abbattuta e sconfortata. Aveva ripreso anche lo sciopero della fame dal quale ha desistito con lo scopo di arrivare in forze alla seconda udienza dibattimentale fissata per mercoledì 18 settembre dinnanzi al tribunale di Crotone, città dove è sbarcata lo scorso 31 dicembre. Ha intenzione di rilasciare una dichiarazione spontanea per ribadire la sua innocenza e chiedere, questa volta lei direttamente al giudice, di poter uscire al carcere per proseguire la detenzione ai domiciliari». È quanto spiega il suo avvocato Giancarlo Liberati.

È stata detenuta nel carcere di Castrovillari fino allo scorso luglio quando le è stato accordato il trasferimento nel carcere di Reggio Calabria. Per lei, infatti, niente domiciliari. L’istanza è stata respinta e il prossimo 17 ottobre sarà il tribunale della Libertà di Catanzaro a pronunciarsi sull’appello cautelare presentato dallo stesso avvocato Giancarlo Liberati.

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Il trasferimento nel carcere di Reggio

 «La situazione a Castrovillari era diventata particolarmente complicata e dai racconti di Marjan Jamali che era detenuta a Reggio Calabria, prime che a lei fossero concessi i domiciliari, sapevo che il clima qui sarebbe stato meno ostile. Tuttavia la giovane, piuttosto debilitata, patisce una condizione di limitazione della libertà personale di cui non riesce a farsi una ragione. Questo la turba molto. Sta imparando la lingua italiana e con il nostro supporto legge gli atti che riguardano il suo processo e che a breve, come da me richiesto, le saranno forniti nella sua lingua, come è un suo diritto.

Lei manifesta, legittimamente, l’esigenza di capire perché da innocente sia detenuta nel paese dove è arrivata convinta che la sua libertà non sarebbe stata minacciata come già accadeva in Iran. Unica nota positiva, il ritrovato contatto con il fratello Razhan, di cui non aveva notizie da alcune settimane». Così prosegue il suo avvocato Giancarlo Liberati, il cui studio legale ha sede a Reggio e che, dal momento del suo trasferimento, tutte le settimane va a trovarla in carcere.
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Giornalista
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