La Cassazione ha ordinato ai giudici della Corte d’Assise d’Appello di valutare adeguatamente il concorso nel delitto da parte dell’imputata che di certo sapeva quanto stava ideando il genero contro la famiglia Vinci
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Si è aperto stamane dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro il nuovo processo di secondo grado nei confronti di Rosaria Mancuso, 67 anni, di Limbadi, accusata di aver preso parte all’autobomba costata la vita al biologo Matteo Vinci e il grave ferimento del padre Francesco. Fatti avvenuti a Limbadi in data 9 aprile 2018. Il processo che vede la sola Rosaria Mancuso sul banco degli imputati arriva dopo un annullamento con rinvio, deciso dalla Cassazione, della precedente condanna all’ergastolo rimediata da Rosaria Mancuso. Ad assistere le parti civili – Sara Scarpulla e Francesco Vinci, genitori di Matteo – c’era oggi in aula l’avvocato Giovanna Fronte, registrandosi quindi la revoca del precedente legale Giuseppe De Pace. A rappresentare la pubblica accusa era presente il sostituto procuratore generale, Marisa Manzini, la quale non è però la titolare del fascicolo del processo ma era stata informata solo stamane di dover rappresentare l’accusa. Da qui un rinvio dell’udienza per le discussioni al 19 gennaio prossimo.
Da ricordare che per Rosaria Mancuso la Suprema Corte ha ordinato un nuovo processo di secondo grado dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro, in accoglimento di un ricorso presentato dagli avvocati Francesco Lojacono e Valerio Spigarelli (nella fase di merito la difesa è rappresentata dagli avvocati Giovanni Vecchio e Francesco Capria). Per la vicenda dell’autobomba è già andata definitiva la condanna all’ergastolo nei confronti di Vito Barbara, 31 anni (genero di Rosaria Mancuso), mentre nell’ambito dello stesso processo (ma per altre contestazioni) sono stati condannati in via definitiva a 6 anni Domenico Di Grillo (marito della Mancuso), 75 anni, di Limbadi, (ricettazione di un fucile a pompa) e a 3 anni Lucia Di Grillo (figlia di Rosaria Mancuso).
Per la Cassazione non vi è dubbio che Rosaria Mancuso abbia “pienamente condiviso le ragioni dell'attentato e della decisione di commetterlo”, ma va meglio valutato il suo concorso attivo nell’omicidio con l’autobomba. Ad avviso della Suprema Corte, i giudici di merito hanno ben motivato la sentenza in ordine alla “condivisione del proposito criminoso da parte della Mancuso, ma non hanno valutato, né motivato, se essa è rimasta una adesione silente e passiva, sino all'esecuzione del gesto criminoso, o se essa si sia estrinsecata in un contributo, quanto meno morale, tale da rafforzare il proposito criminoso di altri, manifestandosi anche solo come una disponibilità a fornire un contributo agevolatore, una collaborazione, una protezione dalle possibili conseguenze negative”. Da qui l’annullamento con rinvio per Rosaria Mancuso per un nuovo giudizio “in merito alla sussistenza, nella condotta di tale imputata, di una forma di concorso nei reati a lei ascritti e non di una mera connivenza non punibile”.

