Nessun inquinamento ambientale provocato dalla Naval Calabria, inattendibili le valutazioni dell’Arpacal e ritenuto illegittimo il provvedimento dell’Autorità portuale
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La seconda sezione del Tar di Catanzaro ha annullato il decreto emesso dall’Autorità portuale avente ad oggetto la decadenza della concessione demaniale marittima rilasciata in favore della Naval Calabria srl con sede in via Emilia a Vibo Marina (con scadenza al 31 dicembre 2024) ed avente ad oggetto l’occupazione di un’area demaniale marittima della superficie complessiva di 23.780 metri quadri, di cui 1.320 mq di specchio acqueo, allo scopo di mantenere un cantiere navale. I giudici amministrativi hanno rilevato “una grave carenza di istruttoria e un vizio manifesto di illogicità nel procedimento” di revoca della concessione da parte dell’Autorità portuale, accogliendo in pieno il ricorso presentato dall’avvocato Ettore Troielli per conto della Naval Calabria.
Il procedimento che ha condotto al provvedimento di decadenza trova la propria origine nelle irregolarità di natura ambientale accertate dalla Capitaneria di Porto di Vibo Marina nel corso di un’operazione di polizia giudiziaria. Nel motivare il proprio provvedimento di decadenza della concessione demaniale marittima, l’Autorità Portuale ha richiamato le analisi condotte dall’Arpacal che avrebbero rilevato nell’area del cantiere navale il superamento dei limiti tabellari previsti alla legge con riferimento alle sostanze chimiche del cadmio, del piombo e degli idrocarburi pesanti.
Secondo l’Autorità portuale, una siffatta alterazione delle caratteristiche qualitative delle matrici ambientali di suolo, sottosuolo e acque sotterranee “rappresenta un rischio per la salute umana, che comporta la qualificazione dell’area come “sito contaminato”, nonché la decadenza della concessione demaniale marittima di cui la società era titolare.
Le ragioni del Tar
I giudici amministrativi nell’accogliere il ricorso della Naval Calabria fanno osservare che “l’attendibilità della valutazione dell’Arpacal è stata contestata dalla parte ricorrente con argomentazioni che il Tar condivide”. L’Arpacal per accertare lo stato di inquinamento dell’area i limiti ha infatti utilizzato dei parametri che sono tuttavia espressamente riferiti “a siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale”.
La Provincia di Vibo nel proprio parere ha invece fatto osservare che “tali parametri difficilmente possono conciliarsi con un’area portuale destinata ad attività commerciale, turistica e industriale, sicché sarebbe stato più opportuno impiegare i diversi parametri contenuti per i “siti ad uso commerciale e industriale, indubbiamente più coerenti all’effettiva destinazione dell’area, applicando i quali non sussisterebbe alcun valore anomalo”.
Ad avviso del Tar, tale circostanza appare di per sé dirimente e in tal senso si è anche espresso il Gup del Tribunale di Vibo Valentia nella pronuncia di non luogo a procedere del 5 maggio scorso nei confronti del rappresentante legale della Naval Calabria per il reato di inquinamento ambientale, ritenendo che il rapporto di prova eseguito dall’Arpacal si basasse “su tabelle non corrispondenti al materiale effettivamente esaminato”. Non appare quindi essersi verificato alcun inquinamento ambientale del sito.
Sotto altro angolo visuale, il Tar ha poi osservato come non sia stata neanche adeguatamente provata la riconducibilità all’attività della Naval Calabria dei valori riscontrati nell’area. Infatti, come notato dall’amministrazione provinciale di Vibo nel parere del 5 marzo 2024, l’area è prevalentemente utilizzata “per il traffico commerciale di carburanti destinati ai depositi costieri, attività pescherecce e di transito di imbarcazioni passeggeri oltre che al diporto e i sedimenti costieri, visti i movimenti marini ed il moto ondoso, potrebbero contenere inquinanti, non provenienti soltanto dal cantiere in oggetto, ma anche da insediamenti ed attività all’interno del porto”.
Pertanto, non emergendo alcun elemento oggettivamente idoneo a dimostrare né l’inquinamento dell’area, né la sua riconducibilità all’attività della società Naval Calabria, i giudici hanno amministrativi hanno concluso che non può ritenersi sussistente il presupposto assunto dall’Autorità portuale per l’esercizio del potere di revoca della concessione demaniale. Inoltre per il Tar “non può essere trascurata l’effettiva disponibilità manifestata dal titolare della concessione ad attivarsi per effettuare i lavori di bonifica dell’area, per i quali era già intervenuta l’autorizzazione ed era stata presentata istanza di concessione suppletiva”.
In conclusione, i giudici del Tar ritengono che la mancata adeguata considerazione di elementi istruttori di segno opposto, unitamente alla disponibilità a sanare le irregolarità riscontrate dalla Capitaneria di Porto, evidenzino una “grave carenza di istruttoria e un vizio manifesto di illogicità nel procedimento di decadenza” e da qui l’accoglimento del ricorso della Naval Calabria dei fratelli Mandrea.
Si chiude così un “calvario” che durava da due anni con la chiusura del cantiere che ha creato grossi problemi anche a tutta la marineria che gravita intorno al porto di Vibo Marina in quanto, per le necessarie operazioni di rimessaggio, i pescherecci, le motonavi e le imbarcazioni sono tuttora costrette a raggiungere i porti siciliani.