Il capo storico del clan, tornato in libertà nel 2021, voleva restaurare una cosca che considerava «una tigre». Il suo passato tra latitanza e condanne e l’intervista in tv in cui disse: «Abbiamo votato per tutti, sia destra che centrosinistra»
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Pino “Facciazza” Piromalli, 80 anni, incarna la trasformazione della ‘ndrangheta che dagli anni Ottanta in poi ha mutato pelle: da struttura rurale e violenta a vero e proprio cartello imprenditoriale radicato nel controllo degli appalti e delle infrastrutture strategiche della Piana di Gioia Tauro. Per decenni la sua famiglia ha dettato forma e regole nella gestione del grande porto e negli affari collegati, costruendo relazioni con colletti bianchi e reti d’impresa che hanno reso la cosca una delle più potenti del panorama calabrese.
Pino Piromalli, «il padrone di Gioia Tauro»
L'intraprendenza criminale dello storico boss non era stata minimamente usurata dalla lunga detenzione. È quanto emerge dall'inchiesta "Res Tauro" che stamattina ha portato all'arresto di 26 persone destinatarie dell'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria. L'indagine, condotta dai carabinieri del Ros, ha consentito ai pm di fotografare la ripresa delle attività criminali di Piromalli che, dopo 22 anni, era stato scarcerato nel 2021. Si assiste alla riscrittura di quelle dinamiche criminali interne al sodalizio che, grazie all'opera di ricomponimento di Giuseppe Piromalli, tornava ad essere uno delle cosche più temibili ed autorevoli della 'ndrangheta. "Facciazza" aveva fin da subito compreso che doveva avviare un'opera di restauro della cosca da lui definita «sta tigre che è Gioia Tauro». Lo avrebbe fatto, secondo gli inquirenti, attuando un progetto di recupero delle vecchie regole di 'ndrangheta ed assumendo immediatamente quella posizione di comando che lo rendeva, per come lui stesso ha affermato in un'intercettazione, «il padrone di Gioia».
Un manager criminale
La biografia giudiziaria del boss segna i punti fondamentali della sua carriera criminale: latitante dagli inizi degli anni Novanta, fu catturato nel marzo 1999 in un bunker – descritto come un rifugio «da film» – e da allora è stato al centro di numerosi procedimenti per associazione mafiosa, estorsioni, riciclaggio e altre fattispecie con l’aggravante del metodo mafioso. Gli atti d’indagine e le ordinanze dicono chiaramente come la sua azione fosse meno quella del capobastone “uomo d’onore” isolato e più quella del manager criminale capace di pilotare gare, appalti e investimenti tramite prestanome e società di comodo.
L’intervista tv del 2022: «Abbiamo votato per tutti, destra e centrosinistra»
“Facciazza”, nel 2022, è finito addirittura in tv, con una lunga intervista rilasciata a Studio Aperto Mag. In un passaggio del colloquio, il capo ‘ndrangheta ha affrontato il tema del sostegno offerto dal clan alla politica: «Abbiamo votato per tutti, destra e centrosinistra. C’era l’elezione, qualcuno diceva “a chi appoggiamo, a Tizio, Caio e Sempronio, quello mi sembra più meritevole”. Abbiamo sempre appoggiato tutti. Non li abbiamo fatti vincere, li abbiamo solo appoggiati e siamo stati penalizzati, non porta bene».
In un altro passaggio, Piromalli ha anche parlato di ‘ndrangheta: «Per me la ‘ndrangheta è un rispetto: se lei entra nel suo sistema giornalistico, lei senz’altro avrà rispetto perché avrà 30 anni in più rispetto a chi arriva dopo; rispetto vuol dire essere una persona, noi la definiamo educata, mentre voi lo definite rispetto, rispetto come se fosse qualcosa di prepotente, di imponenza, non è questo. È una cultura». Una cultura che, secondo la Dda di Reggio Calabria, avrebbe continuano a praticare anche dopo 22 anni in carcere.