Carabinieri arrestati: «Calabresi pezzi grossi». Ma la Dda esclude legami con la 'ndrangheta

Non vi sarebbe alcun collegamento tra i rifornimenti di droga nel Milanese e le 'ndrine della Locride. Lo hanno specificato gli inquirenti nell'ambito dell'inchiesta che ha portato all'arresto di sei militari in servizio a Piacenza 

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di Redazione
29 luglio 2020
14:40
Alcuni dei carabinieri indagati
Alcuni dei carabinieri indagati

Nessun legame con la 'ndrangheta da parte dei carabinieri e i pusher arrestati nell'inchiesta della Procura di Piacenza che la scorsa settimana ha portato al sequestro della caserma Levante e all'arresto di sei militari. Nell'ambito dell'operazione, per cinque militari si sono aperte le porte del carcere, uno è stato posto ai domiciliari. Nel complesso 10 gli agenti coinvolti: gli altri 4 (3 carabinieri e un finanziere, per la precisione) sono stati raggiunti dalla misura di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Altre sette persone sono state arrestate e trasferite in istituti penitenziari e quattro sono finite ai domiciliari. I reati contestati andrebbero dallo spaccio, all'estorsione fino alla tortura, commessi a partire dal 2017. 

I rifornimenti di droga

Dai primi accertamenti della Dda di Milano, alla quale sono stati trasmessi per competenza gli atti che riguardano il capitolo sui rifornimenti di hashish e marijuana nel milanese, non risulta ci sia alcun contatto con le 'ndrine della Locride. Anche il deposito di Gaggiano, centro alle porte del capoluogo lombardo, dove avvenivano gli approvvigionamenti delle droghe leggere, dagli accertamenti svolti non risulta gestito dalla criminalità organizzata calabrese.


Nessun legame con la ‘ndrangheta

L'indagine della Dda milanese è stata affidata al pm Stefano Ammendola dopo che qualche settimana fa il procuratore di Piacenza Grazia Pradella, in base ad alcune intercettazioni e a una informativa della Gdf, aveva trasmesso gli atti. Tra i dialoghi intercettati che hanno fatto ipotizzare legami con la 'ndrangheta, c'è, per esempio, la conversazione in cui, parlando con la compagna Maria Luisa Cattaneo, l'appuntato dei carabinieri Giuseppe Montella definisce "calabresi", "pezzi grossi" gli interlocutori di Daniele Giardino, secondo l'accusa il fornitore di stupefacente.

 

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