La Corte di Cassazione, relativamente al processo Coffee Break, ha annullato senza rinvio le condanne per riciclaggio nei confronti di oltre venti imputati, dichiarando l’intervenuta prescrizione dei reati. Si chiude così un lungo procedimento che aveva portato, in primo e secondo grado, a numerose condanne per operazioni di riciclaggio e impiego di denaro proveniente da fatture false, contestate tra il 2007 e il 2009. Annullate invece con rinvio le confische, da rideterminare secondo i nuovi criteri introdotti dalle Sezioni Unite.

Il caso nasce da un’indagine su un vasto giro di operazioni sospette che coinvolgevano aziende accusate di avere emesso e utilizzato fatture per operazioni inesistenti. Il denaro, secondo l’accusa, sarebbe stato fatto confluire in conti intestati a soggetti compiacenti o riconducibili agli stessi imputati. Una parte degli imputati era stata ritenuta concorrente anche nei reati tributari e nella presunta truffa ai danni della Regione Calabria.

Tanti i nomi di imprenditori e professionisti della provincia di Cosenza e di coinvolti nel processo Coffee Break, tutti condannati nei precedenti gradi di giudizio. Al centro dell’inchiesta, la presunta movimentazione e girata di assegni circolari per importi consistenti.

La Suprema Corte ha respinto tutte le eccezioni sulla violazione del principio del “ne bis in idem”, sull’errata qualificazione giuridica dei reati (da autoriciclaggio a ricettazione) e sulle presunte carenze motivazionali delle sentenze di merito. Tuttavia, ha accolto i ricorsi sul profilo temporale: il reato di riciclaggio, in assenza di interruzioni, risultava prescritto già a gennaio 2024.

Annullata confisca da 40 milioni di euro

Sul punto più controverso – le confische – la Cassazione ha rilevato l’assenza di un’adeguata motivazione: «Il sequestro era generico e la sentenza di appello ha applicato in modo automatico il principio di solidarietà passiva», si legge nel dispositivo. La decisione delle Sezioni Unite “Massini” ha infatti chiarito che, in caso di concorso, ciascun imputato deve rispondere solo della quota effettivamente conseguita. Sarà ora un’altra sezione della Corte d’Appello di Catanzaro a stabilire l’ammontare delle somme confiscabili a ciascun ex imputato.