Covid, all'ospedale di Cosenza 50 operatori sanitari dopo 3 mesi ancora non si sono vaccinati

Una minoranza rispetto agli oltre 1.600 tra medici, infermieri e oss che sono già regolarmente immunizzati. Affermano di essere in attesa di esami diagnostici specifici, intanto prendono tempo. Palermo (Anaao Assomed): «Vaccinarsi è un dovere verso i pazienti e se stessi»

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di Alessia Principe
23 marzo 2021
21:39

Ci sono quelli che il vaccino non lo faranno di certo e quelli più attendisti che per ora non si sbilanciano: né sì e né no. La faccenda delle vaccinazioni tra gli operatori medici e sanitari è scivolosa. In Italia non c’è obbligo di sottoporsi a vaccino e anche la giurisprudenza negli ultimi tempi ondeggia. Oggi è il Tribunale di Belluno a virare verso la linea dura nei confronti degli operatori sanitari che rifiutano: i giudici hanno stabilito che possono essere sospesi dal lavoro, senza percepire lo stipendio. Ieri, invece, un’infermiera di Treviso che aveva deciso di non vaccinarsi ha vinto la sua battaglia legale e ha rimesso piede in Terapia Intensiva.

«Tutelare i più deboli»

«Chi opera in sanità è tenuto a garantire la sicurezza delle cure che è parte costitutiva del diritto alla salute – ha detto Carlo Palermo, vice Segretario Nazionale Vicario Anaao Assomed, commentando la sentenza che legittima la sospensione dal lavoro dei due infermieri e otto operatori sociosanitari di Belluno -. La vaccinazione del personale sanitario serve a tutela di chi è più debole e più fragile per età o stato di salute, ma anche per difendere gli stessi operatori che rappresentano la risorsa più preziosa durante una epidemia, essendo coloro che devono erogare assistenza e cura ai cittadini colpiti dal virus».


Tra chi dice “no” e chi dice “nì”

Guardando ai dati nazionali circa l’1-2% dei medici ospedalieri – una forbice che balla tra i 1.140 e 2.280 su un totale di 114mila attivi - e un centinaio di infermieri su un totale di 254mila, hanno rifiutato di vaccinarsi. Ma in mezzo ci sono quanti non hanno preso una posizione netta e ancora oggi lavorano in ospedale senza la copertura.

Nell’azienda ospedaliera di Cosenza, che comprende Annunziata, Rogliano e Mariano Santo su 1653 dipendenti sono 50 che ancora non hanno risposto alla chiamata per la vaccinazione, il 3% del totale.

«Tra questi ci risulta un solo rifiuto dichiarato – spiega il dottor Roberto Pellegrino, responsabile delle vaccinazioni all’Annunziata – altri 8 lavorano in amministrazione e gli altri sono infermieri, più un paio di medici». Non sono no-vax, specifica il medico, ma personale che sta aspettando di acquisire documentazione medica che attesti la compatibilità con il vaccino.

«Possiamo dire che la risposta alla chiamata vaccinale è stata molto ampia. La maggior parte di chi risulta ancora scoperto afferma di essere in attesa di esami diagnostici specifici che riguardano intolleranze o allergie o la compatibilità con alcune cure».

Tra color che son sospesi

Nonostante parliamo del 3% del totale, e che chi manca all'appello non ha in teoria rifiutato ma attende accertamenti, vero è che le vaccinazioni sono partite tre mesi fa e che, leggendo il protocollo dell’Aifa, sono proprio i soggetti che soffrono di patologie quelli i più a rischio (pazienti oncologici o affetti da malattie autoimmuni solo per fare due esempi) per i quali si raccomanda la vaccinazione con Pfizer (che secondo un recente studio israeliano addirittura avrebbe come effetto di impedire alla maggior parte dei vaccinati anche di rimanere infetti senza accorgersene e di trasmettere l'infezione).

«Sciogliere le riserve e indicare chiaramente se si può fare o non fare il vaccino sarebbe la cosa migliore, per questo non manco mai di sollecitare i direttori dei vari reparti per sapere se questi dipendenti hanno preso una posizione chiara in un senso o nell’altro – continua Pellegrino -. Non c’è obbligo, questo è chiaro, ma sarebbe un bene che gli operatori sanitari si vaccinassero tutti, anche quelli che si trovano a lavorare in reparti a bassa intensità di cure. È un obbligo non legislativo, ma morale sì».

Insomma l’indecisione, soprattutto per chi lavora in un ambiente medico, non può durare all’infinito. «Le dico cosa farei io, se avessi un documento che mette nero su bianco che non sono nelle condizioni per poter ricevere il vaccino, mi presenterei al centro vaccinale, con il mio certificato, e informerei i colleghi della situazione, non lascerei tutti nel limbo dell'incertezza. Non bisogna aver paura delle reazioni al vaccino, perché, quando ci sono, somigliano a quelle di un qualsiasi vaccino antinfluenzale e, soprattutto, durano poco».

Gli studi sugli anticorpi

Intanto all’Annunziata tra coloro che si sono sottoposti al Pfizer si stanno raccogliendo dati preziosissimi per uno studio in corso. «Stiamo facendo il sierologico di tutti i vaccinati, misurando il dosaggio degli anticorpi, e devo dire che stiamo rilevando in tutti un buon titolo anticorpale – spiega Pellegrino -. Credo che si tratti di un’ottima base di studio che potrà essere molto utile in futuro per la ricerca».

Giornalista
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